Una parte rilevante delle persone che mi contattano non è realmente interessata a lavorare su sé stessa, sulla propria comunicazione o sul proprio posizionamento. Cerca piuttosto una scorciatoia, una tattica o un trucco per ottenere l’attenzione del pubblico con poco o nessun impegno.
Del resto come non essere d’accordo, i media sono pieni di esempi di successo che – all’apparenza – non si sono impegnati molto per ottenerlo:
- influencer che fanno sfoggio di sé attraverso selfie o contenuti banali;
- gente che vince alla lotteria e diventa ricchissima;
- politici e celebrità della TV il cui unico talento è essere nel posto giusto al momento giusto;
- amministratori delegati che prendono buonuscite milionarie dopo aver portato l’azienda al fallimento;
- figli di persone ricche e potenti che possono permettersi una vita comoda e agiata.
A un’occhiata superficiale sembra che il segreto del successo consista nell’essere scelti o conoscere le persone giuste… insomma, essere fortunati!
I media tendono a parlare solo dei casi estremi: esempi buoni o cattivi, ricchi o poveri, fortunati o disgraziati, e noi siamo stati ingannati dalla narrazione diffusa di chi è in cima al “mucchio”. Sembra un modello di riferimento replicabile, ma non è quasi mai così.
Se pensiamo alla totalità delle persone e ne facciamo un’analisi statistica, eliminando i valori anomali – ad esempio coloro che vengono investiti dal tram o che vincono alla lotteria – rimane la stragrande maggioranza della popolazione. Quella di cui i media non parlano mai, se non attraverso statistiche che li aggregano.
Per queste persone, mediamente fortunate e che all’inizio trovano le porte chiuse, lo sforzo è direttamente correlato al successo. Le più tenaci, intelligenti, proattive, meglio informate e disponibili verso il prossimo ottengono spesso maggiori soddisfazioni lavorative.
Scalare posizioni richiede energia, impegno e concentrazione; occorre essere gentili anche quando non siamo tenuti a farlo, saper raccontare chi siamo e chi vogliamo diventare, ascoltare e imparare da chi ha maggiore esperienza e ha ottenuto risultati, investire in progetti nel medio/lungo periodo. Tutte cose che avrai già letto in chissà quanti libri motivazionali di prestigiosi guru internazionali.
Ci hanno ingannati con le storie patinate di personaggi che, ottenendo molto più di quanto meritano, diventano l’esempio da seguire. Eppure non ci immedesimiamo in chi subisce una tragedia terribile, in chi ha un incidente o una brutta malattia. Perché cerchiamo di replicare solo esempi che non possono essere replicati?
I libri che incitano a fare esercizio fisico o a mangiare cibi più sani (e in minori quantità) non vendono molte copie, eppure questo è l’unico modo per assicurarsi salute, longevità ed equilibrio.
La gente invece è più propensa a scommettere sulla fortuna: guarda sognante i reality show, imita modelli che non le appartengono e fa cose stupide con i propri soldi.
Questo è il paradosso dello sforzo in un ecosistema governato dallo storytelling tossico. La fortuna è molto più attraente dello “sbattersi”, ma non possiamo sceglierla: è lei a scegliere noi.
Sbattersi, invece, è una risorsa sempre a disposizione. È l’unica – faticosa – strada percorribile.
Caro Riccardo anche oggi la dose di terapia con te è andata a buon fine. Arrivi sempre al momento giusto. Purtroppo non so scrivere e sto cercando di imparare anche grazie a te. Il concetto dello storytelling tossico,che comunque viene apprezzato, è davvero scoraggiante. Rimango letteralmente scioccata rispetto al grande successo di emeriti ciarlatani/fuffaroli. Sono infatti bloccata dal conflitto: conviene parlare del nulla o del vero? Il nulla attecchisce alla grande, non vedo via d’uscita soprattutto per la mia materia (psicologia).Ora sto leggendo Rock’n’blog, grazie.
Anche perché quello che l’influencer mania dice in soldoni è che se qualcuno ce la fa, ce la fa uno solo. E gli altri?
Sbattersi è anche più divertente ;-)
Il problema non è “sbattersi”, il problema è capire se ci si sta sbattendo nella giusta direzione.
Probabilmente perché quello editoriale è un mercato davvero in difficoltà (a chi non mi crede, chiedo sempre: “Quanti libri hai letto, di narrativa, lo scorso anno?”) ma mi sto sbattendo da 8 anni, sono arrivata anche a scrivere occasionalmente in un magazine femminile (e per altro, lì mi è proprio chiesto di immedesimarmi in diverse difficoltà, anche pesanti, della vita), ma vedo altri personaggi arrivare facilmente in cima, chiudendo il blog e comprando pacchetti di follower falsi su Instagram. Perciò mi chiedo se vale davvero la pena sbattersi.
Ogni tanto mi canticchio il ritornello di una canzone di Morandi, ne conosco poche ma questa mi è rimasta impressa:
Uno su mille ce la fa…
Ma quanto è dura la salita…
Ciao Riccardo, ti ho ‘trovato’ da poco e voglio farti i complimenti per il tuo lavoro, grazie a te sto imparando una marea di cose nuove ed utilissime, sul personal brand e sulla comunicazione digitale, che ieri mi hanno anche aiutato a non abbattermi.
Ti spiego al volo: avevo una pagina Facebook con oltre 7000 like, a causa di una segnalazione mi è stata bloccata e chiusa…..praticamente sono disoccupata :), ieri quando l ho saputo la mia testa è andata in panico, otto anni di lavoro evaporati, 7000 tra contatti e clienti persi, un disastro insomma, poi però ho pensato a te e mi sono detta, ok io non devo fare l’influencer, devo recuperare i 1000 clienti che contano e ripartire da lìcon le nuove nozioni apprese, ho riaperto il profilo personale (bloccato anche quello) acquistato un blog e deciso di ripartire in modo nuovo.
Se non avessi letto ‘Dimmi chi sei’ non l’avrei presa così sportivamente, quindi mi sono sentita oggi di dirti GRAZIE