Il marketing evolve così velocemente che non è affatto improbabile vedere un ventenne che ne sa più di qualcuno che lavora nel settore da trent’anni. Diversi professionisti arrancano su metodi vecchi per fare lavori nuovi perché così gli è stato insegnato; non si sono mai chiesti se i libri di marketing degli anni ’90 riflettano il periodo storico in cui sono stati scritti e se tutto ciò che valeva allora sia oggi inapplicabile, insostenibile o imbarazzante.
Eppure il marketing è una materia estremamente fluida e in divenire; si è evoluto in tre delle quattro materie fondamentali:
- La tecnologia. È cambiata tanto e tanto cambierà; non abbiamo ancora visto quanto sia profonda la tana del Bianconiglio.
- La comunicazione. Insieme agli strumenti è cambiata la sensibilità del pubblico; il buon Marshall McLuhan ci aveva avvisati per tempo, ma abbiamo sottovalutato i suoi insegnamenti.
- I bisogni del pubblico. Il pubblico non ha più bisogni: ha già l’iPhone, l’aspirapolvere Dyson e la TV a schermo piatto con Netflix. La carta di credito non la estrae per i bisogni, ma solo per i desideri (paradossalmente, oggi, vale anche per la carta igienica).
- Le emozioni umane. Ecco, questa è l’unica cosa che non è cambiata in 10.000 anni. Gli esseri umani sono uguali a quelli descritti dagli antichi Greci nei loro libri di filosofia, 2300 anni fa.
In buona sostanza, le persone non hanno più bisogni, ma soltanto desideri; per informarsi non subiscono più la comunicazione, ma ne sono al centro con strumenti che evolvono di continuo; sono sensibili all’etica, al linguaggio inclusivo, alla sostenibilità e a valori che fino a pochi anni fa erano totalmente diversi. Tutto cambia, ma una cosa rimane stabile: le persone si emozionano allo stesso modo, hanno le stesse paure e cadono nelle stesse “trappole”. I sentimenti sono quelli di sempre.
Le nuove generazioni hanno un vantaggio straordinario: non hanno una storia, un insegnamento o un metodo consolidato. Vedono l’opportunità dietro all’ostacolo, sono in simbiosi con gli aspetti sociali e tecnologici e allineati con i desideri di chi vive nella loro stessa condizione. È tempo di fare un bagno di umiltà e imparare da chi ha una maggiore comprensione della società, dei mezzi e dei valori che ora accomunano gran parte della popolazione.
Lo dico da sempre: il marketing è ricerca, non è una materia stabile in cui il guru di turno dispensa leggi infallibili. Oggi abbiamo tutti un gran bisogno di reverse mentoring, di abbassare la cresta e studiare.
Non so… anche oggi, a mio avviso, le persone hanno dei bisogni ancor prima dei desideri.
Il fatto è che siamo stati talmente anestetizzati dalla standardizzazione che non riusciamo più a vedere i bisogni latenti, i bisogni reali delle persone che passano attraverso i valori che si abbracciano.
Ci siamo talmente abituati ad assorbire passivamente ciò che ci viene imposto dal mercato che non siamo più in grado di produrre benessere, reale benessere per le persone.
Le persone desiderano ben-essere, ma chi produce (prodotti o servizi) non pensa al loro vero benessere, ai valori che le persone abbracciano; il più delle volte guardano ancora ed esclusivamente al proprio profitto e si ostinano a sfornare prodotti e servizi standard per raggiungere la massa.
Quella massa critica che permette loro di fare ancora profitto e ancora una volta con prodotti e servizi (quasi) inutili e che passeranno dopo poco tempo.
Siamo, ancora, nell’era del consumismo anche se spero si tratti di strascichi; spero che il mercato possa evolvere presto e possa guardare ai reali bisogni delle persone.
A tal proposito, giusto per far capire il vero e proprio gap, riporto le parole dell’attore britannico Warwick Davis “il mondo si preoccupa più della disabilità che delle persone disabili”. E non solo, ovviamente, riguardo la disabilità.