Negli ultimi decenni abbiamo osservato una folle corsa a catturare l’attenzione, alla diffusione di post ai fini del posizionamento o al tentativo di sovrastare la concorrenza attraverso la quantità e la rapida erogazione di pubblicazioni.
Con il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale, i contenuti sono diventati sempre meno approfonditi, più superficiali e sottili.
Abbiamo assistito a un vistoso cambio di passo attraverso il passaggio dai giornali cartacei a portali e blog, da cinema e teatro a Netflix, dalla musica sui dischi in vinile allo streaming, dalle foto dei grandi autori del National Geographics a quelle ripetitive degli influencer del settore viaggi. Questi sono solo alcuni esempi di come il digitale, in una prima fase, abbia premiato la quantità rispetto alla qualità. Tuttavia, mentre anni fa il medium in cui si rendeva disponibile il contenuto garantiva, in parte, la sua qualità oggi chiunque è in grado di scrivere un libro, pubblicare un articolo e produrre una serie di video.
È più semplice arrivare a migliaia di persone attraverso tanti contenuti superficiali che attraverso un unico straordinario contenuto difficile da realizzare. O meglio, questo è ciò che afferma chi sostiene questa teoria.
Negli ultimi tempi, si è esteso questo principio anche alle relazioni: i CRM aziendali sfornano fastidiosi SMS o mail, Zoom sta sostituendo la relazione di persona e la quasi totalità dei professionisti erogano consulenze e formazione a distanza.
La necessità di ottimizzare i costi e ridurre il tempo per aumentare la produttività è un atteggiamento economicamente vantaggioso, sano e che riduce l’inquinamento, ma fa correre un rischio terribile a chiunque si occupi di comunicazione, di relazioni o di vendite: essere irrilevanti.
L’up-selling dell’attenzione
Alcuni pensano che sia sufficiente postare semplici messaggi di stato su LinkedIn per ottenere clienti, opportunità o assunzioni. Questa è un’attività fondamentale solo se porta a un obiettivo in cui si crea una crescente attenzione innescata dalla qualità del contenuto.
Faccio un esempio concreto: se di 1.000 persone che leggono il tuo messaggio di stato sui social in 100 lo approfondiscono cliccando sul link che porta al tuo Blog hai appena generato l’up-selling dell’attenzione, portandola a un livello decisamente più profondo. Se di questi 100, in dieci, avendo trovato interessante ciò che dici, decidessero di scaricare gratis un tuo e-book (oppure un video) iscrivendosi alla tua newsletter avresti aumentato ancora di più la fiducia e il grado di attenzione nei tuoi confronti. Se quelli che rimangono vicini a te attraverso la newsletter, un tuo video o l’e-book scoprissero che hanno bisogno di approfondire acquistando il tuo libro, un webinar o una consulenza avresti l’attenzione e la fiducia in te a livelli sempre più alti, oltre ad aumentare il tuo fatturato.
La dinamica sopra descritta la ottieni solo con la qualità, non con l’incessante erogazione di messaggi di stato su Facebook o LinkedIn. Se ti fermi solo a questi non generi quel grado di fiducia e di attenzione utili ad aumentare il numero di clienti o di opportunità.
La qualità dell’attenzione, ottenibile attraverso l’approfondimento, batte SEMPRE la quantità di messaggi di stato o di ciò che posti su qualsiasi social network.
Riccardo l’obiezione comune che fanno é: la quantità é oggettiva mentre la qualità é soggettiva. Cosa ne pensi?
La qualità è soggettiva, infatti è compresa solo da chi ha un reale bisogno. Questi diventano clienti, gli altri sono like :D
Sono pienamente d’accordo con te. Anche se – come mi rispose circa un annetto fa un tuo collega e nostro grande amico in un video pubblico (Raffaele Gaito) – “qualità e quantità non sono in competizione”. Proprio perché la qualità non è quella del mezzo ma del messaggio. Ed è anche vero che, quando si inizia a produrre contenuti digitali, anche la quantità è rilevante. Poi, dalla quantità bisogna passare alla costanza, come ho imparato col tempo. E qui mi fermo per fare mea culpa. Tornerò a scrivere, sperando di offrire contenuti di qualità.
È vero che qualità e quantità non sono in competizione, anzi vanno molto d’accorso insieme se aumentano entrambi. Tuttavia nel post tratto un tema diverso, ovvero l’up-selling del contenuto, in cui dico che la qualità è un percorso a cui far partecipare chi è interessato ai nostri temi
La qualità la sa apprezzare solo il vero cliente consapevole, che il digitale è reale, e non si acquisiscono clienti solo con i like.
Ciao Riccardo,
concordo pienamente e colgo l’occasione per dirti che ho terminato ieri il tuo libro Dimmi chi sei
e l’ho trovato molto interessante , semplice ma denso di contenuti da applicare per affrontare la nostra professione con professionalità ed entusiasmo ! senza superficialità !
Grazie per il tuo contributo !!!!!
Grazie Stefania, gentilissima!