“Buongiorno Riccardo, ho studiato il suo profilo analizzando la realtà in cui opera e vorrei approfondire alcuni aspetti relativi allo sviluppo commerciale. Prima di spiegarle, posso chiederle un’informazione?”. Questo è uno dei tanti messaggi, tutti uguali, che ricevo ogni giorno su LinkedIn. Una classica attività insegnata nei corsi base di vendita. Consiste nel far parlare il possibile cliente, così che ci ricambierà con l’ascolto e, infine, forse, con l’acquisto del servizio.

Dopo tanto pontificare sulla necessità di personalizzare l’attività di marketing o di vendita sul possibile cliente, l’unica cosa recepita sembra essere quella di inserire variabili in un messaggio fatto con lo stampino: “Buongiorno [nome-utente], ho studiato…”. In realtà, questo è il solito SPAM a cui hanno aggiunto il mio nome.

Il marketing è in sofferenza in questo periodo. Il crollo dell’attenzione, l’enorme quantità di contenuti prodotti (anche grazie all’AI) e la frammentazione del pubblico su una moltitudine di canali hanno fatto saltare tutte le certezze che avevamo solo cinque anni fa.
Forse è arrivato il momento di adottare un approccio più realistico e diretto. Si pensava che il lavoro del marketing fosse l’arte di creare contenuti. Funzionava, soprattutto quando le persone si informavano attraverso questi. Oggi è tramontata l’idea che ogni azienda debba essere una media company, che sia possibile posizionarsi nei primi tre risultati (di ChatGPT?) e che sia necessario postare ogni giorno.

Credo che sia finita l’era di “instagrammare” qualsiasi cosa, di postare frasi motivazionali su LinkedIn o di inserire una CTA in ogni contenuto “perché lo fanno tutti”. Il compito del marketing è individuare la domanda e rispondere ai bisogni delle persone.

Nessun contenuto ti salverà se non offrirai una soluzione concreta ai bisogni (o ai sogni) delle persone.
Attenzione e fiducia: il resto lasciamolo al [nome-venditore].