Amo l’idea del Metaverso, termine coniato da Neal Stephenson nel libro Snow Crash nel 1992. Già nel 2006, su Second Life, ho guadagnato vendendo e comprando porzioni di “land”, le terre virtuali che corrispondevano a server o porzioni di questi. Ho conosciuto gente, ho costruito case, oggetti e per mesi l’ho frequentato assiduamente. Amo anche i giochi che consentono il “free roaming” e dove sia possibile aderire a una “org” con cui muoversi e interagire in questi mondi. Insomma, amo e sono attirato da queste tecnologie che tentano di ricreare un mondo alternativo in cui si acquisiscono nuove competenze e si legano nuove amicizie.
Sono un nerd entusiasta di tecnologia, ho assemblato computer, bruciato componenti e preso la scossa elettrica. Per un nerd la complicazione è buona parte del divertimento.
Ho notato, in questi decenni, che la maggioranza delle persone non sono come me; un folle che ha assemblato un 486 DX2 nel 1993 per potersi collegare alla novità di Internet. La maggioranza delle persone è arrivata attraverso gli smartphone e i tablet. Hanno dovuto aspettare che qualcuno inventasse uno schermo in cui potevano mettere – letteralmente – le dita sullo schermo e compiere gesti simili alla loro esperienza reale.
Le persone non amano indossare un visore che non lascia passare l’aria, che ti spettina e ti rende ridicolo agli occhi di chi è in casa con te. Non amano fingere di camminare da un punto A ad un punto B per parlare con un loro simile a forma di avatar.
Oggi le persone non vanno al cinema perché è scomodo non perché sia costoso. Ti ricordi le televisioni 3D che qualche anno fa sembravano essere il futuro dell’intrattenimento? Nessuno le usa più.
In casa abbiamo enormi TV 4K che non usiamo perché troviamo più comodo fruire di video amatoriali su YouTube, TikTok e Pornhub. La velocità è ciò che conta davvero. Anche se possiamo fare telefonate con FaceTime, dove possiamo, le evitiamo in favore di una emoticon nei messaggi. Una risposta che ci illude di non perdere tempo.
Alcuni pensano che le persone abbiano la smania di rendere virtuale tutta la loro vita, ma si sbagliano. C’è un limite a quanto siamo disposti ad interagire attraverso i pixel. Sono poche quelle che vorrebbero vivere la loro socialità in un’applicazione simile a Minecraft, Fortnite o GTA.
Le persone amano il loro smartphone perché è facile, comodo, non ti scalda, non sei ridicolo, non pesa e si usa con le dita.
Le persone amano mandare messaggi, questi sono l’anello di congiunzione tra la vita virtuale e la vita reale. Il messaggio prevede e anticipa un abbraccio reale.
“Potrei essere come una di quelle persone che liquidavano Internet nel 1995 come una moda passeggera, ma non vedo nessuno che abbia voglia di legarsi un fottuto schermo in faccia tutto il giorno e non gli venga voglia di toglierselo in fretta” – Elon Musk in una recente intervista a The Babylon Bee.
Quindi, il Metaverso, con la grafica a cartone animato – nel caso della VR, indossando scomodi visori – è cosa per pochi (i nerd come me).
Finalmente una voce fuori dal coro. Anche io ho fatto lo stesso percorso; sono della classe ‘81 e dentro di me nascondo un nerd.
Second Life era già il metaverso, mi ricordo di aziende come la Coca Cola fare eventi all’interno di quel mondo già praticamente un decima d’anni fa.
La ‘prova su strada’ ha fornito la stessa conclusione di Musk: a parte l’entusiasmo iniziale, nessuno si è voluto trasferire completamente su Second Life, ed a poco a poco la comunità si è sgretolata.
In questi ultimi anni inoltre il dominio assoluto di poche aziende ha creato un terreno dittatoriale particolarmente arido e nauseante
Da presidenti bannati a libertà di pensiero tolte a me sembra di intravedere che, invece di andare verso un futuro di opportunità, si sta creando un futuro di prigionia’ nel quale la tecnologia osserva e cataloga qualsiasi attività delle persone: dall’ arte alla moneta ed i cui padroni, guidati da sete di controllo, possono ‘bannare’ chiunque non segua il loro pensiero.
In breve, non aderiró mai a questo meta mondo solo per vedere quanto è simile a quello in cui vivo già per poi trovarmi in coda alle poste per pagare con nft le mie bollette virtuali in un mondo virtuale.
Amo la tecnologia ed i social media. Ma il motivo di chi li usa fa la differenza.
Se lo scopo è malvagio, beh il risultato non può che essere negativo.
Grazie Alex
Non esiste nulla di più coinvolgente ed eccitante del contatto fisico. Il metaverso così come le call zoom possono rappresentare la stampella e una forma di backup alla partecipazione fisica.
E comunque, in linea generale, tutto ciò che aggiunge strati di complessità alla nostra vita finisce per essere abbandonato.
Nel 1987 avevo collegato un hp67(soli calcoli) ad un M24(per ottenere un dba di soli dati flat) per poi spostare i file risultati sotto HPUX tramite tty per usare encoder e decoder per fare filmati su un televisore a 625 righe per poi andare in sala Regia e montare il tutto. Lo scopo era quello di portare un progetto in una sala Museo dove ho incontrato un mio antico prof. che mi ha chiesto quando si poteva fare una cosa del genere. oggi è tutto più semplice e non bisogna faticare e prendere docenti delusioni. meglio soffrire che avere una pappa pronta.
Un altro anziano nerd a quanto vedo :D
La tecnologia migliore è quella che non si vede, o quasi.
Ciao Riccardo, mi auguro che tu abbia ragione, perchè significherebbe che il mondo fisico, la socializzazione tradizionale avrà la meglio. Ma a volte quando discuto con i miei figli che passerebbero ore ed ore con i loro “amici virtuali” su Minecraft, Roblox e Animal Crossing, temo la capacità di attrazione di questi mondi virtuali che rendono il contatto con gli altri molto più facile ma non insegnano ai ragazzi a crescere attraverso difficoltà e scontri a volte necessari.
Amo la tecnologia perchè mi velocizza la vita, ma la odio perché sta cambiando troppo la socialità dei nostri ragazzi.
La socialità in presenza non è minacciata da nessuna di queste tecnologie, anzi, la accelerano
Vedere un orango con i piccoli seduta su un ramo in mezzo alla foresta, poter guardare negli occhi un leone nella savana, essere immersi nell’acqua e vedere uno squalo che si avvicina, stare su una tavola da Surf di fronte ad un onda alta 4 metri, volare aggrappata agli artigli di un’aquila, ritrovarsi faccia a faccia con un dinosauro che sbadiglia.
… non me lo perderei per nulla al mondo.
Parli della realtà virtuale? In effetti è più sicuro guardare negli occhi un leone online che dal vivo :D
Nel 1996 (o forse era prima?) ricordo la disperazione dei miei genitori a vedere la primogenita con pezzi di defunti 386 (due o tre) sparsi nel pavimento, gentilmente destinati dall’azienda dello zio, che cercava di farne almeno uno i funzionante. Così, in attesa poi del 486 che mi sono fatta regalare al posto del motorino (e certi giorni rimpiango il motorino…)
Nel 2001 feci un colloquio per un’azienda davvero importante, consulenze per il mondo SAP, all’epoca ancora legato al client-server non web. Mi azzardai a dire che preferivo lavorare su applicativi intranet-internet e la risposta fu proprio secca: “tra un paio d’anni non ci sarà più internet, non è destinato a durare.” Ho ancora il bigliettino da visita di quel responsabile IT…
Però quando nacque Second Life qualcosa non mi convinse. Non era facile, non era economico, non era “leggero”, non era alla portata di tutti. Ho visto l’entusiasmo eccessivo di alcuni colleghi, li ho visti investire denaro, e poi alla fine perderlo. Uno strumento che si affianca alla nostra vita per semplificare alcune operazioni, come il videoregistratore vhs, il masterizzatore, la rete internet, le email, le chat istantanee, diventa popolare in “breve” tempo, quello necessario a capirne l’utilità (avere più tempo libero?) e abbassare i costi di produzione. Ma uno strumento che “invade” eccessivamente la nostra socialità e ancora più il nostro corpo, come l’immersione totale dentro un visore o una tuta a sensori, perdendo il contatto con la realtà ma catapultandoci in un altro mondo che alla fine rischia di ingabbiarci più di quello reale (e perdendo tempo libero?)… dubito possa diventare popolare.
Però non faccio molto testo, uso Zoom per parlare con gli amici a Los Angeles, ma continuo a vivere orgogliosamente senza WhatsApp. :)
E nonostante abbia sia Kindle che Kobo, alla fine vado in libreria per il profumo della carta… :D