Qualche anno fa LinkedIn era un cimitero di profili professionali, pubblicati nella speranza che qualcuno li vedesse. Poi è arrivato il successo mediatico e adesso un gran numero di professionisti si accalca per renderlo una macchina da business, mettersi in mostra o trovare clienti.
Post irritanti, tentativi di vendita e contenuti tutti uguali: questo è LinkedIn oggi.
Molti ignorano che non sia un semplice social, bensì una piattaforma che permette (o esige) una cura maniacale dei propri collegamenti. La parte centrale di questo ecosistema si chiama “profilo”, un luogo potenzialmente unico che i maggiori social non possiedono in una forma così completa.
Il profilo è fondamentale: qualsiasi attività di vendita o di branding inizia e – in molti casi – finisce con lui. Le persone che ti osservano nelle conversazioni verranno a vedere chi sei e in quell’istante decideranno se sei potenzialmente utile oppure no.
Non mi metterò ora a fare l’ennesimo elenco degli aspetti da curare sul tuo profilo, credo di averlo scritto in molti post e in alcuni libri. Senza che tu vada a cercare queste noiose liste, guarda il tuo profilo e, in modo distaccato, valuta questi elementi:
- La tua foto e l’immagine di copertina sono di una qualità – almeno – decente?
- Hai una headline che non lascia dubbi su chi sei e come puoi aiutare chi la osserva?
- Racconti bene e senza fronzoli chi sei e come sei riuscito a diventare così professionale?
- Esiste un modo veloce per contattarti o un link per ampliare le informazioni che ti riguardano?
Questi quattro elementi sono all’apparenza banali, ma se osservi altri profili scoprirai che pochi li hanno curati con la dovuta attenzione.
Veniamo ora alla parte operativa
In un post di quattordici anni fa Seth Godin diceva: “Trova dieci persone. Dieci persone che si fidano di te/ti rispettano/hanno bisogno di te/ti ascoltano… Non puoi più vendere alle masse anonime. Non sono anonime e non sono masse. Puoi vendere solo a persone che sono disposte a partecipare. Come questo gruppo di dieci”.
Persone consapevoli del valore che offri, di quanto sei diverso e del vantaggio che hanno nell’interagire con te.
→ Il marketing inizia con la consapevolezza di chi sei e di cosa puoi fare per essere utile.
→ La consapevolezza porta all’attenzione e alla valutazione di come sei e cosa hai fatto.
→ L’attenzione porta alla fiducia.
Il famoso marketer della Mucca Viola, nel suo blog post, conclude con: “Fra tre anni, questo consiglio sarà così comune da risultare noioso. Oggi, è quasi sicuramente l’opposto di ciò che stai facendo”.
Questa previsione, però, non l’ha azzeccata: il suo consiglio è ancora ampiamente sottovalutato o ignorato da parte di professionisti che pensano soltanto a imitare personaggi ritenuti vincenti, generare like con contenuti mediocri o inseguire modelli di sedicenti guru del settore.
Cosa dire? Il fatto è che per mettere in pratica i tuoi consigli – validi, sensati e funzionano – bisogna fare uno sforzo che non tutti, anzi pochi, sono disposti a fare. Per cui va molto meglio fare polemiche, parlare solo di sé stessi eccetera. Mi chiedo se questo non sia un vantaggio competitivo per chi fa le cose per bene.
Certo che è un deciso vantaggio competitivo!
Riguardo al punto 3): è importante dire che, se non si è già “così professionali” (con tutto quello che questo termine possa indicare e con qualsiasi grado) nessuna strategia verso il successo è in grado di attratre fiducia su se stessi. A me sembra di avere questo problema: un passato lavorativo e formativo poco chiaro e troppo vario che faccio fatica a riconoscere in me una “così” valida professionalità da offrire. Seppur banale, ha senso questo pensiero Riccardo? Ok sbattersi, ma definendo i propri obiettivi fin dal proprio percorso formativo, no? Grazie e buona giornata!
Infatti l’errore che fanno in tanti è considerare il profilo un CV. Non devi raccontare quello che hai fatto in passato se non trovi punti di contatto con quello che vorrai essere tra 5 anni. Il profilo deve raccontare chi sarai in futuro.