Quando scrivo un post, la mia tecnica è questa: immagino di lavorare il marmo. Inizio buttando giù una frase o un principio su cui voglio riflettere e far riflettere. Poi scolpisco i concetti fino a quando non prendono la mia forma, aggiungendo i miei pensieri, le mie emozioni e la mia esperienza. Le persone non si immedesimano se dici qualcosa di freddo o distante, vogliono esempi e pathos. Alla fine, tolgo tutte le parole inutili, le divagazioni, asciugo il testo e lo riduco affinché ogni parola risulti utile e necessaria, un delicato equilibrio tra il detto e il non detto. Poi lo lascio riposare e lo rileggo il giorno successivo.
A volte lo butto, a volte lo pubblico.
I contenuti non mi hanno reso ricco o famoso, quindi se cerchi la ricetta magica per diventarlo, non potrò essere io il tuo punto di riferimento.
Quando ho aperto il blog, nel 2012, pensavo a questi come un metodo per ottenere clienti. Ha funzionato, ma ho avuto anche un’inaspettata sorpresa. I contenuti mi hanno fatto raggiungere due grandi risultati: mi hanno reso autorevole per un pubblico specifico, con cui ora lavoro, e mi hanno consentito di avere le idee chiare su di me e sulla mia professione.
Non conosco nulla di così efficace come scrivere di conoscenze, concetti e pensieri ogni giorno. Sono stati in grado di darmi un ordine mentale che ora fa la differenza. Mi hanno permesso di aprirmi alla consapevolezza dei bisogni e delle leve più efficaci per ottenere l’attenzione di chi sta dall’altra parte dello schermo.
Ho scoperto il potere di ogni singola parola e quanto le persone apprezzino l’esempio. Le storie ci consentono di collegare il pensiero razionale all’esperienza emotiva, offrendo un ponte tra la dimensione intellettuale e quella esistenziale. Quando raggiungi la consapevolezza che ogni singola parola è importante, che puoi annoiare, deludere, far innamorare, accendere feroci critiche (fenomeno utilissimo nel marketing) e unire gli altri attraverso la tua storia, comprendi che non è più un contenuto quello che stai scrivendo, ma un atto di generosa – potenzialmente pericolosa – condivisione.
Durante un recente festival di marketing, ho assistito a un panel in cui l’oratore esortava il pubblico a fare video brevi, utilizzare immagini con citazioni colte, scegliere determinati hashtag (giuro!), inserire “call to action” e avere tante interazioni con le persone da cui desideriamo ricevere attenzione.
Ma siamo ancora a questi livelli? Davvero c’è chi pensa di battere il rumore con altro rumore, di distinguersi dall’AI o dai Bot con ciò che è il loro più grande punto di forza, ovvero essere noiosi, prevedibili e conformi?
Ti servono solo due tipi di consapevolezza
L’unico marketing che ha un futuro è legato alla profonda comprensione del tuo vantaggio esclusivo – il “daimon” che ti abita – e al conoscere i tuoi reali bisogni. La comunicazione che avverrà grazie a questa consapevolezza non farà altro che attirare chi ti vedrà come un valido esempio di ciò che potrà essere nella vita. Ma l’unico modo che avrai di farlo sarà attraverso l’esempio, la consapevolezza – appunto – del potere di ogni singola parola, e coltivando la tua inossidabile coerenza.
La cosa che mi lascia sempre di più interdetto è come poter “emergere” all’interno di questo rumore, fiumi e fiumi di parole al 90% tutte uguali tra loro. Come viene la voglia di generare contenuti tuoi sapendo che finirai in un mare infinito di nulla?
Ogni giorno vedo persone, ai, bot che producono, producono, producono e tu provi a leggere a prendere appunti a studiare e poi alla fine di ogni articolo, post o video ti accorgi che il succo del discorso ti lascia con una gran sete e senza nessun valore aggiunto.
E’ difficile trovare fonti autorevoli, è difficile diventare nel piccolo a tua volta autorevole, perchè alla fine oggi qualcuno se ne accorgerebbe?
Quanto forte dovresti urlare per farti sentire?
Grazie degli spunti che dai ogni giorno.