Questo post mi ha richiesto un’enorme attenzione e concentrazione, poiché quando rifletti su alcune idee radicate, le soppesi e valuti le proposte editoriali dei grandi guru del marketing mondiale, il dubbio che sia tu a dire un’emerita sciocchezza è molto probabile.
Quante volte abbiamo citato a corsi e convegni la famosa “piramide di Maslow”, per poi scoprire che è stata un’invenzione di un formatore degli anni ’60 e che lo psicologo statunitense non ha mai parlato di piramidi?
Abraham Maslow non ha mai creato una piramide per rappresentare la gerarchia dei bisogni, è stata una semplificazione di un divulgatore che aveva letto il suo libro. Recentemente alcuni ricercatori hanno scoperto anche chi ha dato origine a questo falso storico.
Comincia dal perché?
La storia del marketing è piena di abili narrazioni che suggestionano e appassionano guru e discepoli, ma che andrebbero valutate e discusse attentamente.
Sicuramente conoscerai il noto bestseller di marketing “Partire dal perché”, testo di Simon Sinek in cui l’autore invita le aziende a raccontare meno “cosa” fanno per concentrarsi di più sul “perché” lo stanno facendo. Simon sostiene una cosa giusta, che condivido: le persone sono attratte anche da elementi intangibili, valoriali, di stile e di appartenenza.
Il libro è ricco di esempi e citazioni riferiti ad Apple, brand che più di chiunque altro ha associato a sé una moltitudine di seguaci adoranti attorno al motto “Think different”.
Sulla carta, nello storytelling di Sinek tutto funziona come un orologio, ha un senso logico ed è condivisibile. Tuttavia ho sempre trovato la sua geniale intuizione limitata e parziale; siccome non mi soddisfaceva quando la enunciavo durante le lezioni e non mi faceva stare bene, dopo un po’ ho smesso di usarla (anche perché la raccontano tutti).
Riflettendoci, il precetto “parti dal perché” non potrebbe inserirsi facilmente in un altro famoso testo – anch’esso altrettanto autorevole – scritto da Al Ries: “Le 22 immutabili leggi del Marketing”. Il padre del posizionamento è noto per averci insegnato che un Brand acquisisce efficacia quanto più restringe il proprio campo d’azione, secondo quella che lui stesso ha definito la “legge della contrazione”.
“Più stretto è il focus, più forte è il Brand”
I valori, lo stile e l’appartenenza sono molto importanti, ma affinché un Brand si distingua nella mente dei consumatori deve identificare un problema e risolverlo con un prodotto o un servizio di cui si sente fortemente il bisogno. Quindi, oltre al “perché”, deve sostenerlo con il “come” e il “cosa”.
Apple è indubbiamente amata e venerata più di qualunque altra azienda al mondo (solo Nutella ha fatto meglio). Tuttavia non sempre le cose sono andate per il verso giusto, perché chi “pensa differente” – e appiccica l’adesivo della mela sulla propria auto – acquista costosi prodotti che in primis risolvono un problema decisamente sentito. I clienti si sono innamorati di iPod perché riusciva a contenere 10.000 canzoni, con iPhone hanno potuto avere sicurezza, tranquillità e semplicità e i MacBook sono efficienti, leggeri e con un ottimo design. Eppure non hanno fatto la fila per acquistare la Apple TV, il Newton o la fotocamera QuickTake, solo per fare alcuni esempi: non si sono sentiti pensatori differenti in quel caso? Perché non si sono messi in coda davanti al negozio? L’hanno fatto solo dopo aver esclamato “WOW”: finalmente avevano la soluzione al loro problema da un’azienda che apprezzavano anche per il “perché”.
Se vuoi avere successo devi conoscere e soddisfare i bisogni dei tuoi clienti, aggiungere il “perché lo fai” per aumentare l’efficacia del messaggio e il tuo posizionamento nei loro cuori. Questo è quello che penso, ma sono disponibile a cambiare idea se hai argomenti migliori: il marketing è una continua ricerca, non una scienza che si nutre di formule o certezze.
Ciao Riccardo, concordo con la tua analisi; aggiungerei al perché, al come. al cosa anche il “chi” lo fa. Non intendo parlare di “bravi” o “monelli” ma di “chi”, appunto, sviluppa un servizio o un prodotto da offrire sul mercato. Per capire il perché, il cosa e il come, sono convinto vi debba essere una perfetta sintonia tra chi vende e chi compra. La capacità di “sentire” l’esigenza rimasta disattesa fino a quel momento da parte della domanda conduce l’azienda a immedesimarsi nella necessità di chi acquista il prodotto/servizio non solo a risolvergli il problema ma anche e soprattutto a generare una esperienza, una relazione da far durare a lungo nel tempo
Il “chi” è il Brand, quello viene sempre comunicato sotto traccia
Penso che mettere in discussione idee radicate richieda molto coraggio anche se dovrebbe essere la cosa più naturale se si vuole progredire nella conoscenza: certo deve essere fatta con oculatezza (non posso contestare l’invenzione della ruota).
Inoltre le soluzioni ai problemi spesso richiedono una ricetta di interventi e non è detto che quella che va per la maggiore in un data momento sia quella esatta e definitiva: possono aggiungersi altri elementi che vanno a completare la ricetta.
Insomma penso che, con il dovuto rispetto e la massima umiltà, sia giusto grattare per vedere se sotto l’auctoritas c’è anche la sostanza.
Per quello che ne capisco e per quello che può valere la mia opinione, penso che il punto di vista che porti sia fondato: la soddisfazione di un bisogno è sicuramente il primo motore che spinge le persone a prendere in considerazione l’idea di acquistare un bene o un servizio, poi vengono anche le altre cose.
Non a caso, fin da Carosello, i pubblicitari reclamizzavano prodotti che andavano ad intercettare falsi bisogni e ciò perchè l’indole umana è quella di desiderare sempre più di quel che ha.
Infondo anche i beni di lusso non sempre vanno a soddisfare bisogni nuovi, ma vanno ad intercettare il bisogno di fare parte di un circolo esclusivo, di appartenere ad una cerchia ristretta: in ogni caso sempre di bisogno si tratta.
Mi fermo perchè mi sa che ho detto troppe scemenze.
Grazie per i Tuoi post che offrono sempre spunti di riflessione interessanti
Mi fermo
Condivido tutto. Il bisogno può essere indotto dalla società e dalla pubblicità. Una volta soddisfatti i bisogni primari il resto è “esplorazione”.
Grazie Jgor
Sinek ha interpretato una ricerca di senso che tutti in generale abbiamo ma che sembra particolarmente sentita dalle nuove generazioni. Il contributo di Sinek è principalmente pensato per il marketing interno, per motivare le persone ad uno sforzo comune.
Dal punto di vista del cliente, il beneficio che si riceve è l’autenticità, il senso di condivisione, che sono aspetti importanti ma non sufficienti per guidare la scelta d’acquisto, se non sono soddisfatti i fondamentali del marketing classico.
Grazie Riccardo per queste riflessioni stimolanti e per lo stile con cui proponi i tuoi contenuti: è una tua “firma” che apprezzo molto e trovo molto efficace.
Grazie a te Andrea!
Grazie Riccardo.
Nel “mio” Business Coaching il “perchè ” è la prima domanda ….”qual è lo Scopo che ti ha portato qui …?”
La definizione dello Scopo e degli Obiettivi coerenti nel tempo, è il primo passo ( non facilissimo ) da fare in una relazione di supporto/aiuto .
il Cliente non è altro che una persona che ha, chiaro o non chiaro, un bisogno o un desiderio e noi possiamo o non possiamo aiutarlo a soddisfarlo .
Il punto (focus ) è aiutarlo a portare a livello di Consapevolezza i suoi bisogni .
Questo vale in una relazione a due o per piccoli gruppi ( Individual Coaching o Team Coaching ).
Non essendo io una persona esperta di MKTG, penso che i grandi numeri di persone abbiano bisogno di sentirsi “appartenenti” a qualcosa che non necessariamente è un prodotto o un servizio, ma senz’altro esiste un BRAND che li fa sentire parte di quel gruppo con il quale condividono Valori, Stili di Vita, Hobbies, Attività Lavorative…
Non ho scritto prima che oltre al Perchè
occorre anche il Cosa, il Come, il Quando, A chi, Con chi, Dove
Il perché da solo non basta, giustissimo. Grazie Marzia!