La vita è un continuo fluire, ma ci comportiamo come dei vogatori, rivolti all’indietro: abbiamo nostalgia dei luoghi in cui siamo stati, delle persone che abbiamo conosciuto e della vita che abbiamo vissuto. A un certo punto, perdiamo interesse per il nostro viaggio. Navighiamo in una barca governata da una visione più giovane di noi, che ha deciso di voltare le spalle al senso di marcia nel tentativo di proteggersi dalle delusioni.
Quando sono consapevole di essere felice, di essere al culmine di un bellissimo momento, proprio in quell’istante inizia il tarlo della preoccupazione, della nostalgia per la felicità appena raggiunta e che sta già per sfumare. Per migliaia di anni abbiamo osservato il cielo e ci siamo rannicchiati per la paura dei fulmini e – nel tentativo di esorcizzarla – non abbiamo mai smesso di fare il tifo per la tempesta.
C’è una parte di noi che è stanca di aspettare e si chiede quando il mondo andrà in pezzi: quando crollerà l’economia, quando arriverà una nuova misteriosa malattia o una tecnologia che prenderà il nostro posto. Tendiamo a bloccarci per la paura di qualcosa che potrebbe infrangere i nostri sogni, deluderci o sciuparsi.
C’è un lato atavico e sostanziale di me – ma credo valga anche per te – che vive l’apprensione per il futuro. Non sappiamo gestire l’eventualità, l’incognita o ciò che non scorgiamo.
Kairosclerosis è un termine che descrive il momento in cui ci rendiamo conto che stiamo vivendo un’esperienza felice e temiamo che finirà presto. Deriva dal concetto greco di “kairos” (tempo giusto o opportuno) e “sclerosis” (indurimento). Questo stato d’animo riflette la consapevolezza acuta, e a volte dolorosa, della bellezza del momento presente, insieme alla tristezza di sapere che sarà solo temporaneo.
In questi anni ho scoperto che la paura è una cosa intima che riguarda noi stessi, a volte è una forma di egocentrismo del nostro disagio.
Cosa accadrebbe se dicessi esattamente quello che penso, prendessi quella decisione, rispondessi di no alle continue richieste che mi vengono rivolte, lasciassi la vecchia asfissiante vita?
Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte, l’acqua è sempre diversa.
Contrasto la paura con la generosità, un gesto esteriore che rivolgo agli altri. Ho scoperto che posso combattere la paura di rimanere senza lavoro aiutando i miei clienti e tutti quelli che incontro online e offline. Neutralizzo il timore di rimanere senza amici volendo bene alle persone che lo meritano. Annullo la nostalgia con i progetti, da quelli più grandi a quelli più semplici e futili.
Ho deciso non di essere ma di divenire, di scorrere nell’unica direzione che ci impone il tempo.
Riccarlo, mi piace la tua riflessione su Kairosclerosis.
Da parte mia vorrei soffermarmi su kairòs (καιρός), una delle parole che I greci usavano per descrivere il tempo.
In effetti ci sono diversi tipi di tempo.
Quello usuale è il tempo cronologico, che mette, e vede, le cose una dopo l’altra.
I greci lo chiamavano Kronos e possiamo immaginarlo come un segmento, dove le cose accadono una dopo l’altra, in una sola dimensione. Questo è utile e altamente efficiente in task operativi.
Quando però pensiamo intensamente a qualcosa, il tempo si contrae, diventa quasi un impulso in cui quantità enormi di energia posso concentrarsi in pochissimo “tempo”. Tutto accade velocemente, quasi in un singolo punto. In questo tempo speciale (che I greci chiamavano kairòs) nuove cose nascono, diventiamo creativi, vediamo il mondo a colori (anziché in bianco e nero).
Ecco, vediamo kairòs, come un tempo speciale dove, qui e ora, possono nascere cose nuove. Ogni giorno.
Vittorio