All’inizio degli anni ’80, Colgate ebbe la brillante idea di lanciare le cene surgelate da scaldare nel microonde. Forse pensava che avrebbe chiuso il cerchio e fornito il servizio totale, vendendo anche la pulizia dei denti dopo aver mangiato.
Zippo, l’iconica marca di accendini, ha creato un profumo – che mi auguro non ricordasse l’odore di kerosene – per un pubblico femminile.
Hello Kitty ha lanciato la birra al gusto di frutta, nel mercato asiatico, per le clienti che sono cresciute adorando il gatto dei cartoni animati.
Gli esempi di spin-off fallimentari affollano i libri di marketing. Anche Coca-Cola tentò di lanciare degli smalti per unghie.
Tuttavia, non tutti hanno fallito nel tentativo di spostarsi su mercati esotici e distanti dal loro posizionamento. È il caso di Michelin, la marca di pneumatici francese, ha avuto un grande successo con la sua guida ai ristoranti, ora è un punto di riferimento mondiale della gastronomia.
I noti guru del posizionamento di Brand, Al & Laura Ries, nel loro libro “Le 22 immutabili leggi del marketing”, hanno portato all’attenzione la “legge della contrazione“:
“Un Brand diventa più forte quando restringi il focus. Un’attività di branding potente inizia sempre contraendo la categoria, non ampliandola”, sostengono.
Il pubblico è vasto, l’attenzione è scarsa e tu hai poco margine di manovra per poter far comprendere a una massa di distratti chi sei e cosa fai. Non li hai 30 secondi per presentarti. All’inizio quando nessuno ti conosce non devi complicare la tua “argomentazione esclusiva di vendita” (nota anche come USP). Deve essere tutto racchiuso in una frase, comprensibile.
Google, ad esempio, all’inizio era un motore di ricerca, non una selva di servizi tecnologici. Prima ti fai conoscere e ascoltare da un pubblico, poi inizi a espandere i prodotti e i servizi del tuo Brand. Semplice e arcinota questa pratica tra i marketer.
Per il tuo Personal Brand la strategia è uguale, potresti essere un giornalista che sa montare video a livelli professionali e che scrive come ghost per grandi personaggi della politica e dello sport. Ma se non ti conoscono, non puoi dire tutto. Devi partire e crearti un pubblico che ti riconosca per un singolo aspetto, quello che ritieni fondamentale.
Nelle mie consulenze trovo avvocati che sono anche coach motivazionali o medici che fanno gli skipper di barca a vela. Non possono comunicare entrambe le cose al mercato, non risulterebbero credibili. Chi cerca un professionista gli piace pensare che questo sia totalmente concentrato sulla cosa che fa al massimo livello.
L’obiettivo chiave del branding è occupare uno spazio nella mente dei tuoi clienti. Se non sono del settore e penso a un determinato professionista, mi viene in mente chi vedo ogni giorno su LinkedIn, Instagram o YouTube. Queste persone di te devono avere una sola certezza: è capace, competente e simpatico. Questo è il tuo obiettivo. Il valore del tuo Brand non lo decidi tu, lo decidono loro. Tutto il resto sono solo metriche della vanità.
Meno è meglio. Più togli e più sei pulito e riconoscibile. E non dai l’impressione del venditore che vuole piazzare aspirapolveri, polizze di assicurazione e coltelli per tagliare le cozze. Come insegni tu Riccardo più siamo bravi a risolvere un problema di una determinata persona e maggiori sono le possibilità di creare un brand riconoscibile e di successo.
Caro Riccardo,
mi dispiace che anche tu sia cascato nei concetti
espressi da Al Ries e che tu l’abbia definito come il guru del Positioning.
Non te lo dico con ironia, tutt’altro.
Ho grande stima di te e ti seguo sempre con molto piacere.
Solo una precisazione: il Positioning non l’ha teorizzato Ries ma Trout.
Ho avuto modo di conoscere il braccio destro di Trout in Europa che mi ha raccontato
i retroscena della nascita del Positioning, facendomi scoprire verità sconosciute almeno in Italia.
Un caro saluto