“Così si sentiva umiliata e afflitta e piena di rimorsi, pur non sapendo precisamente neanche lei per cosa. Cominciava a desiderare la stima di lui, ora che non ci poteva più sperare: avrebbe voluto avere sue notizie, ora che non c’era più probabilità di averne. Ebbe la certezza che con lui sarebbe stata felice, ora che non era più probabile che si incontrassero.” – Tratto da Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

C’è una parte importante di noi che si chiama aspettativa. Un’illusione psicologica, un tempo che rischiamo di consumare, che sminuisce il valore di ciò che abbiamo già ottenuto e rende tutto ciò a cui aspiriamo più desiderabile, necessario e meraviglioso.
Lo facciamo con gli oggetti, con le persone, persino con noi stessi.

Ogni traguardo diventa solo il trampolino per quello successivo. L’obiettivo perde valore nell’istante stesso in cui lo si consegue. Quante volte mi è accaduto. Quante volte ti è accaduto.
Ho alzato l’asticella a più riprese, fino a quando ho capito di essere soggiogato dalle mie stesse aspettative. Un meccanismo che finisce per consumarci e, spesso, ferire anche chi ci sta accanto.
Così ho deciso che ogni fine giornata deve diventare un traguardo da celebrare.

Alla fine della giornata, voglio essere orgoglioso del modo in cui mi sono presentato, del valore che ho creato per me stesso e per chi mi circonda, del tempo che ho dedicato al progetto a cui sto lavorando.
Alla fine della giornata, voglio essere orgoglioso degli impegni che ho mantenuto, dei piccoli passi compiuti e del rispetto mostrato per me stesso e per gli altri.