Ho scritto molto, in passato, sui problemi motivazionali di chi crea contenuti. Si parte entusiasti e speranzosi, si creano i primi video o articoli e, settimana dopo settimana, il riscontro atteso non arriva, facendo vacillare la motivazione iniziale e la voglia di continuare.
L’essere umano ha un pessimo consigliere: il bisogno di gratificazione. Soprattutto nel mondo rapido degli smartphone, in cui tutto sembra possibile, raggiungibile e immediato. Ora puoi acquistare immediatamente un biglietto aereo, fare la spesa, prenotare uno spettacolo teatrale, tuttavia non puoi ottenere velocemente l’attenzione e la stima di un gruppo di persone che sentono il bisogno di ascoltarti o leggerti.
La fiducia non viaggia con la stessa la velocità con cui puoi prenotare un hotel su Booking. L’autorevolezza passa attraverso il ricordo di te e le percezioni di professionalità che assorbirà chi presterà attenzione ai tuoi contenuti. Il ricordo e le percezioni hanno bisogno di tempo per sedimentare nel pubblico che vorrai ottenere.
Ignora l’approvazione che ottieni
Ci sono svariati motivi per cui non dovresti focalizzarti sugli applausi e le manifestazioni di consenso nei confronti dei contenuti che crei. Il primo motivo è che questi segnali sono spesso dovuti allo stato d’animo di chi li produce. È fin troppo semplice ottenerli alimentando la frustrazione, l’odio e i bassi istinti di chi non ha le tue stesse doti comunicative. Queste persone non penseranno di te che sei un ottimo professionista, ma che sei come loro. Quindi se attacchi qualcosa o qualcuno otterrai il consenso di persone che ti reputano disgraziato quanto loro. Da te questi non acquisteranno mai nulla.
In secondo luogo gli apprezzamenti non devono far parte del tuo percorso. Come accade in qualsiasi mestiere è raro trovarli lungo il percorso: un falegname non si aspetta di ricevere le lodi per una carteggiatura su un mobile d’epoca, come un commercialista non si aspetta di ricevere applausi per una pratica sbrigata. Nella comunicazione è la stessa cosa: prima vengono inseriti e distribuiti contenuti e poi, con il tempo, arrivano i risultati: contatti, clienti, opportunità o assunzioni.
Se ti aspetti consenso ad ogni tuo post rischi di variare la comunicazione per ottenere consensi e quindi di inquinare il tuo vero messaggio e il posizionamento che avevi progettato. L’engagement dà dipendenza, una dipendenza che può motivarti ma può anche farti smettere qualora venisse meno. Dipendere dall’approvazione è un grande pericolo.
La maggioranza delle persone ti apprezza in silenzio
Mi accade spesso che mi contattino persone che non ho mai visto, che non seguo e che non hanno mai manifestato alcun genere di apprezzamento sui miei contenuti. Alcuni mi scrivono: “Ti seguo da sempre e oggi mi sono deciso a scriverti…”. Chi acquista da me quasi mai commenta o mostra apprezzamento per ciò che scrivo. Quindi a cosa servono le lodi che tanto cerchiamo online?
Gli apprezzamenti fanno piacere, non lo discuto e li gradisco tantissimo. Ma ho iniziato da qualche anno a vederli come un pericolo più che un’opportunità. La ricerca di questi deve andare di pari passo con l’obiettivo che ti sei posto. Vuoi farti conoscere e valutare come un buon professionista e poi tremi ogni volta che pubblichi un post che a tuo avviso potrebbe non essere interessante e quindi non fare il rumore che ti appaga tanto. Esci dal loop, il male peggiore non è questo.
Non sei un influencer da copertina il cui unico scopo è generare controversie, scalpore o consenso, hai un pubblico e uno scopo diverso. Vuoi che pensino di te che sei affidabile, competente e con un buon carattere. Queste tre cose non le danno i like o gli applausi.
Quanto è vero questo articolo! Anche a me è capitato di avere dei clienti che acquistano e che poi, pur avendo un account social, non mi seguono, non commentano e non mi mettono like. Eppure, a volte, capita che mi scrivono in direct per delle info prodotti senza essere follower. Nessuna recensione da parte loro ma, continuano a comprare.
Esatto, funziona proprio così!
Grazie della testimonianza Sania
Complimenti per il Suo articolo, in effetti il condizionamento da engagement è subdolo e fuorviante. Grazie per aver illustrato questo tema.
Grazie Stefania!
OK, mi hai convinto,
mi trovi d’accordo su tutto … meno sul fatto di essere così … dicotomico … o bianco o nero, o giusto o sbagliato!
Ed in particolare hai perfettamente ragione sul fatto che l’essere umano è prima di tutto un “animale-sociale”!
Ebbene si, sono tra i pochi, che crede all’approccio “olistico”, dove tutto è relativo ed integrato e niente è assoluto!
Per cui, dal mio punto di vista, specie ai nostri giorni, chi non persegue l’approvazione altrui, fa lo stesso “errore-sconveniente” di chi vive solo di esso, proprio come gli “influencer”!
Non ho detto questo. Ho riletto per capire dove avessi commesso questo errore. Credo che non esista il bene e il male o il giusto e lo sbagliato assoluto, l’essere umano è composto da sfumature. Perdonami, se come sembra, mi sono espresso male
Forse il meccanismo che spinge alcuni ad apprezzare il nostro lavoro solo a parole è lo stesso di chi invece ti chiede un preventivo e poi lo approva. “Mi piace come lavori, non posso ingaggiarti ma te lo dico esplicitamente”. Una sorta di senso di colpa.
Bella lettura, mi ha fatto riflettere!
E’ profondamente vero e saggio quanto scrivi, Riccardo… “gli apprezzamenti non devono far parte del tuo percorso” e ti ringrazio per averlo scritto. La direzione ci deve essere chiara ed il timone saldo…è solo che agli esseri umani che non credono di avere la verità in tasca i dubbi nascono spontanei ed ogni tanto un feed back di conforto ci aiuta… ;-)
Il discrimine è tra chi, sicuro di sé, va come un panzer all’obiettivo e chi si chiede regolarmente se l’obiettivo che si è dato è giusto o deve essere ritarato.. e qui il feed back aiuta!
Ciò detto, ancora grazie per ciò che scrivi
Sono io a ringraziare te Dario!
Si, ammetto con piacere di condividere il tuo sfogo… da ottuagnario (87), tengo ancora ko spirito di sentkirmi in risonanza!
Mitico, continua così amico!