Chiunque da oggi può delegare ottimi contenuti all’intelligenza artificiale.
Sono rimasto davvero sorpreso dalla qualità di questi raffinati strumenti.
Secondo l’autorevole Mark Schaefer, “trasformerà profondamente ogni carriera nel marketing, a partire da ora. Cambierà tutto nei social media e nella creazione di contenuti. Cambierà tutto nel marketing, per sempre”.
Un milione di persone si è iscritto a ChatGPT di OpenAI la scorsa settimana, e vedo già circolare alcuni contenuti su LinkedIn creati con questa tecnologia pazzesca.
Come dice Mark, “questa tecnologia livella il campo di gioco e rende tutti degli eccellenti creatori di contenuti. In molti casi, è meglio di una ‘voce umana’ se quell’essere umano è un pessimo comunicatore”.
Io non sono un copy né uno scrittore, ma rilevo la portata storica di questa innovazione. Prima web e social davano la possibilità di avere un pubblico, ma solo chi era capace di comunicare poteva ottenerlo. Oggi chiunque può delegare i contenuti – su qualsiasi argomento – attraverso un banale copia e incolla.
I testi che produce l’AI (per ora) sono freddi e impersonali, ma bastano pochissime correzioni per aggiungere un po’ di pathos.
Questa innovazione potrebbe innescare alcuni sviluppi:
- aumenteranno la quantità e il rumore di fondo di post molto simili;
- verrà tolto il lavoro a chi produce contenuti, perché chi li commissiona spesso non è in grado di comprendere la differenza tra un copy professionale e uno prodotto artificialmente;
- aumenterà il valore di chi possiede un Brand e una voce consolidata.
Adesso si alza l’asticella. Da ora non bastano più i buoni contenuti quotidiani, ma servono anche uno stile unico, un tono di voce, un’etica, una riconoscibilità, un volto, una credibilità, il saper gestire una relazione. E soprattutto occorre saper soppesare le parole giuste e avere il controllo delle percezioni che vogliamo infondere in chi ci ascolta.
L’unico modo per vincere la sfida con l’AI è renderci ancora più umani, quindi diventare un Brand unico e riconoscibile.
Da attento osservatore che testa le cose prima di parlare dici che “I testi che produce l’AI (per ora) sono freddi e impersonali, ma bastano pochissime correzioni per aggiungere un po’ di pathos”. In effetti io che ormai da un mese ci lavoro ogni giorno con chatGPT come assistente per quasi ogni mio progetto non mi fermo al primo risultato prodotto ma dialogandoci non solo mi faccio creare delle alternative ma spingo queste ultime secondo le esigenze che ho. Poi faccio un po’ di lavoro di cucitura dei contenuti e li personalizzo ulteriormente. Altre volte faccio produrre a chatGPT uno o più articoli su un argomento. Li leggo ma poi scrivo quel che viene in mente a me. Ha comunque velocizzato una serie di ricerche che prima richiedevano molto più tempo su Google. Altre volte ancora chiedo dei pareri a questo modello linguistico e mi ci confronto. E siamo all’inizio. Chissà cosa accadrà ora!
Ho appena chiesto a chatGPT cosa pensa della prima parte del tuo articolo che le ho dato come input iniziale. Ecco la sua risposta: “Sono d’accordo che l’intelligenza artificiale sta diventando sempre più sofisticata e può essere utilizzata per generare contenuti di qualità. Tuttavia, è importante notare che l’intelligenza artificiale non può sostituire completamente il lavoro umano nel marketing e nella creazione di contenuti. Nonostante i progressi dell’IA, ci sono ancora molti aspetti della comunicazione e della creatività che richiedono l’abilità umana. Inoltre, è importante che gli esseri umani supervisionino e controllino l’utilizzo dell’IA, in modo da evitare errori o problemi etici. In definitiva, credo che l’IA possa essere uno strumento utile per il marketing e la creazione di contenuti, ma non può sostituire del tutto il lavoro umano in questi campi”.
Chiamarla “intelligenza” è decisamente fuori luogo, la definirei una “centrifuga” di contenuti pre-esistenti rimaneggiati e riproposti con altre parole