Facebook e i social media fanno perdere tempo. Sono stati ideati con lo scopo di indurre l’utente ad intrattenersi e a conversare. Leggo di tanto in tanto di persone che abbandonano Facebook dichiarandolo pubblicamente. Dopo qualche tempo li vedo ritornare, adducendo qualche pretesto, e raccontano che il mondo fuori è bellissimo e di come, senza social, si torni ad una vita più sana e fatta di rapporti veri.
Sono convinto che il male di Facebook (& co.) sia l’abitudine alla platea che la maggioranza degli utenti matura con il tempo. Sappiamo di essere letti, almeno potenzialmente, da 10, 100 o 1.000 persone e, d’istinto, quando pubblichiamo cerchiamo di “confezionare” il messaggio per renderlo più accattivante possibile. Lo richiedono il nostro ego e l’algoritmo di visibilità.
Quelli che se ne vanno
Quelli che abbandonano Facebook, dicendo che sono annoiati e che hanno di meglio da fare nella vita, hanno tutta la mia stima e comprensione. Quelli che “non è più il Facebook di una volta”, “sono stanco di chi scrive solo dei suoi successi”, “non ci sono rapporti veri”, non li sopporto più. Se te ne vai perché gli altri non ti piacciono e non hai mai avuto un rapporto vero, significa che il problema sei tu. Se ti dà fastidio che qualcuno ostenti l’acquisto di una Porsche Cayenne il problema sei tu. Se pensi che la gente sia cambiata e non è più il bel social di una volta, in cui le discussioni erano più vere, il problema sei tu.
Se agli altri è sufficiente un semplice messaggio di stato per condizionarti totalmente, vattene pure, ma sappi che incontrerai lo stesso problema anche al bar e al lavoro. Se gli altri ti condizionano in modo talmente pesante da suscitare in te sentimenti negativi e risentimenti ad ogni esibizione devi obbligarti a rispondere alla domanda “perché sono più concentrato su quello che fanno gli altri rispetto a quello che faccio io per migliorare?”
Facebook et similia sono strumenti di comunicazione. Si possono amare oppure odiare, ritenere utili o inutili, ma rimangono strumenti. Spetta a voi impostare una giusta relazione e misurare l’impegno in base ai costi benefici che ne trarrete. Ritenerli responsabili dei vostri problemi psicologici sposta il problema da voi ad un ente esterno che non ha alcuna responsabilità sui vostri meccanismi mentali.