A quanto pare è la moda del momento. Ricevo costantemente richieste di identificare (lato agenzia) e di partecipare (lato blogger) ad operazioni promozionali, le più svariate, coinvolgendo blogger e comunicatori della rete.
Dal lato professionale il problema è aperto e complesso. Leggo oggi il post di Giorgio Soffiato che prende in esame il mio settore: blogger/personalità influenti in materia di digital marketing. Sostiene, ma lo sostengo anche io, che metriche come numero di visite e quantità di seguito non sono indicatori affidabili di un buona comunicazione, utili nella generazione di comportamenti e azioni. Le visite ad esempio possono essere dettate da un post particolarmente riuscito e ben posizionato. Guardando in modo superficiale gli analytics vedremo una buona quantità di traffico, ma inutile, visto che si aggancia ad un contenuto ben preciso e non sui post quotidiani. Stessa cosa, anzi peggio, con la quantità di seguito sui media sociali, dove acquistare follower è facile (e non parlo di inutili BOT, ma con tecniche più umane).
Quindi, come possiamo identificare un blogger che abbia visite immediate, sull’ultimo post prodotto e con un seguito vivo e reattivo?
I tool di monitoraggio online sono nati per questo, ne segnalo uno a caso: http://www.talkwalker.com/it/ in cui, sapendolo utilizzare, si scopre tutto di un determinato blog e persona e di quanto riesce a coinvolgere il proprio pubblico.
Esiste una platea più qualificata, una meno qualificata e quanto influisce sul risultato?
Soffiato dice:
i webbari dell’ultima ora stanno portando a casa incarichi di qualità (…) la distonia che paleso è che i webbari dell’ultima ora siedono oggi in tavoli bramati dai webbari dal palato fine, e questo è il punto che sta facendo ribollire il mercato dell’influenza
Secondo l’autore, nelle evidenze dei fatti fino ad ora misurati, una comunicazione più efficace e meno di nicchia, ha una maggiore capacità di arrivare al giusto pubblico (le aziende). Si è passati di fatto da un web autoreferenziale e di circoli chiusi ad uno più popolare e che porta in evidenza dinamiche da show business (concedetemi il termine azzardato).
Ma alla fine, per curare il nostro personal branding, è più utile avere un occhio al pubblico o coltivare i salotti buoni della professione?