La semiologia è la scienza che si occupa dei segni e, tra le altre cose, studia il rimando che essi hanno, al significato che gli uomini attribuiscono a queste figure della comunicazione. Tutti noi attribuiamo un significato ai segni che va oltre il nome della marca o del prodotto e si radica nella mente dei potenziali clienti come una suggestione di valori, qualità e impressioni generali. La costruzione di questa suggestione avviene nel giudizio che ognuno conserva nella propria memoria attraverso le esperienze, i ricordi e le informazioni ricevute nel tempo.
Possiamo definire questi segni “dispositivi semiotici”, che il filosofo Giorgio Agamben descrive così:
«chiamerò dispositivo semiotico letteralmente qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi»
Credo che sia la definizione più corretta di Brand Positioning, quella che risiede nelle percezioni di chi osserva il segno, il nome o il volto di qualcuno con cui ha una familiarità percettiva.
“Una brand nel business non è – contrariamente a quello che molti credono – solo un segno o una parola. Il segno e la parola sono solo una scorciatoia per una promessa che il prodotto-brand fa al potenziale cliente”, racconta Marco De Veglia, esperto italiano di posizionamento, nel libro Zero Concorrenti. “Il brand positioning lo fai in un luogo piccolo e oscuro, dove non potrai mai veramente andare. Un luogo che controlla ogni cosa che il tuo cliente fa e decide se il tuo business avrà successo o se fallirà. Lo fai nella mente. Nella mente del tuo potenziale cliente.”
Attraverso la comunicazione e le scelte che fai, i comportamenti che hai in pubblico, si determina di te una percezione che si sedimenta nella mente di chi ti osserva. Questa percezione potrebbe generare in seguito il comportamento che queste persone avranno nei tuoi confronti. Il Nobel per l’Economia Daniel Kahneman ha dimostrato che esiste un cervello pigro, che ama gli schemi e che classifica tutto in modo da richiamare queste impressioni nel momento del bisogno. Questo risparmio energetico di una parte del cervello è il terreno di gioco sul quale si muove la comunicazione del Brand aziendale o personale. Una trasmissione di concetti e valori che va oltre la funzionalità materiale, inscrivendosi nella cornice emozionale creata dalla marca o dalla persona.
Quando comunichi senza una direzione strategica, quando scegli in modo casuale o dialoghi pubblicamente sui social media, invii una moltitudine di segnali che i presenti percepiscono e classificano a futura memoria. Questi segnali determinano le percezioni che favoriscono i comportamenti positivi o negativi che questo pubblico avrà, in futuro, nei tuoi confronti. Il tuo volto, il tuo nome, il logo della tua azienda sono segni il cui significato risiede nel cervello pigro dei tuoi possibili clienti. Non essere pigro tu stesso attraverso una comunicazione improvvisata e senza direzione, perché la posta in gioco questa volta è alta.