Un ricercatore della Stanford University, Jonah Berger, ha condotto vari studi su ciò che rende un contenuto degno di essere condiviso da parte dei lettori, studi poi riassunti in questo articolo di gennaio di New Yorker.
Lo studioso ha individuato quattro elementi chiave che più di altri entrano in gioco nella spinta alla condivisione da parte dei lettori:
- Capitale sociale: Associando se stessi a contenuti in cui si riconoscono o che affermino la loro capacità di identificare fonti di informazione esclusivi e di valore aumenta il loro status e riconoscimento tra i seguaci.
- Contenuto emozionale: Il contenuto contiene elementi emozionali che si condividono e che fanno percepire a chi li segue cosa provano.
- Contenuto dal valore pratico: Aiutare gli altri a risolvere un problema, condividendo la soluzione e facendo un servizio al proprio seguito. Questo fa innalzare il valore del profilo personale agli occhi degli amici e follower.
- Contenuto di qualità: Quando ci si imbatte in questo tipo di contenuto, premiarlo con uno share è il minimo che si possa fare.
Ethos, pathos e logos
Come sottolinea l’articolista di New Yorker, la naturale associazione con la retorica di Aristotele del 350 AC viene subito spontanea. Secondo il filosofo, un contenuto dovrebbe avere un appello etico, un appello emotivo o un appello logico.
Nulla di nuovo sotto il sole: le relazioni umane, sia sul digitale che offline, si avvalgono delle stesse logiche.
La condivisione come status
La cosa più ricercata nelle comunità sociali è il riconoscimento e l’attenzione. Non è raro infatti incontrare amici e parenti che dopo avermi detto di aver abbandonato Facebook, alla domanda: “come mai? non ti piaceva?” rispondano, “è solo una perdita di tempo”. Verifico poi che nella loro timeline i loro post non sono stati considerati e riconosciuti con like e commenti. Se ci sentiamo esclusi e non riconosciuti ce ne andiamo. E’ attraverso la condivisione dei nostri contenuti o di quelli di altri che alimentiamo la nostra considerazione e di conseguenza l’autostima. Condividere un contenuto rafforza l’ancoraggio ad una comunità che condivide i nostri valori o passioni e che, se riterranno utile il contenuto, ci comunicheranno il loro apprezzamento commentando e ricondividendo.
Anche la reciprocità è un elemento non secondario in questa catena, spesso molti condividono e interagiscono con un contenuto per cercare un legame con chi l’ha condiviso. Questa pratica, aiuta le relazioni. E’ stato infatti studiato che “farsi percepire” da chi ci segue interagendo, nella maggioranza dei casi, farà scattare la molla della reciprocità. Addirittura l’algoritmo Edgerank di Facebook premia questa pratica innalzando l’affinità.
Dopo anni passati sui forum e social ho realizzato che le logiche sono sempre le stesse e il modello che ho visto funzionare e premiare è sempre quello: donare qualcosa di utile per avere un ritorno di riconoscibilità. L’efficienza massima lo si ottiene con un proprio contenuto, ma anche quello di altri funziona e fa percepire di noi che siamo in grado di costruire valore.