I social network ci permettono la connessione e la conversazione con molte più persone di quante potessimo raggiungere qualche anno fa. Le piattaforme di conversazione digitali hanno consentito a molti un’evoluzione in campo lavorativo e ci permettono acquisire informazioni e collegarci con fornitori, clienti e datori di lavoro. Pochi hanno compreso le potenzialità di questi strumenti. In ottica di Net Branding, una presenza coerente, credibile e con contenuti di valore riesce a farci ottenere lavoro e opportunità e stimola relazioni e legami di amicizia e professionali.
Come tutti gli strumenti, i social network, possono diventare una fonte di pericolo e di difficoltà. La natura umana ha delle peculiarità che dobbiamo considerare per una corretta gestione della negatività.
Questa mattina ho letto un interessante post, firmato Sarah Snow, dal titolo: “How Facebook Changes How We Think and Feel”. L’articolo evidenzia come alcune persone siano soggette a stati depressivi indotti dai social network. Cita i dati ricavati da alcuni studi, secondo i quali l’insorgere della patologia depressiva negli ultimi anni è in forte crescita, arrivando a colpire il 7% della popolazione USA.
Tra le ipotesi più accreditate, vi sarebbe il “confronto sociale”, agevolato dalle moderne tecnologie di condivisione sociale. Ogni giorno siamo nella condizione di visualizzare i successi, le vacanze o gli acquisti dei nostri parenti, di colleghi e amici. Questo continuo realizzare che gli altri hanno una vita migliore della nostra, un maggiore guadagno e successi in ogni campo, rende alcuni soggetti depressi a causa della “competizione sociale”.
Secondo Charlotte Blease, medico e psicoterapeuta,
potrebbe essere che l’eccessiva permanenza sulle piattaforme sociali e la visualizzazione di aggiornamenti di stato ci faccia trarre la conclusione di essere socialmente fuori gara. Questo potrebbe innescare sentimenti di tristezza e disforia in persone che non realizzano che quello che vedono è spesso frutto di esternazioni fatte ad arte per risultare superiori e farsi vanto di successi sporadici
Sono molti a non realizzare che sui social network la maggioranza delle persone evita di pubblicare cose negative o tace gli insuccessi in campo lavorativo, amoroso e nei rapporti personali. L’impegno di ognuno è, spesso, quello di fornire un ritratto edulcorato di sé per aumentare la desiderabilità sociale. Succede anche inconsciamente. Ci ritroviamo a fare foto di gruppo per sottolineare il nostri buoni contatti. Evidenziamo il lato migliore di noi e del nostro lavoro e confezioniamo post in cui preferiamo mostrare più che dimostrare. Questo atteggiamento porterà alcuni soggetti più deboli psicologicamente a provare risentimenti e invidie nei nostri confronti.
Per come la vedo io, il risentimento ha bisogno di un pubblico. Chi prova questo sentimento negativo deve percepirsi in una situazione paritaria rispetto al soggetto che scatena questo stato d’animo. Agli occhi della collettività, il risentito si sente “superato” da una persona con lo stesso valore sociale. La mente del risentito entra in un loop all’interno del quale non riesce a spiegarsi come l’altro sia riuscito ad ottenere successo. La colpa è del mondo che non premia i meriti e le capacità, ma si basa su altri fattori sconosciuti e non convenzionali. Nel risentito, si instaura un senso di impotenza e di ingiustizia che, nel peggiore dei casi, lo porterà a screditare pubblicamente e privatamente il destinatario del suo risentimento.
Non vorrei essere annoverato come un promotore di atteggiamenti di questo tipo e come uno che ha reso altre persone incapaci di avere una vita serena a causa di quello che ho più volte scritto nei post. Quando sottolineo che nei post è utile produrre un’immagine di noi che risulti efficace per trovare opportunità lavorative, non intendo dire che dovete essere falsi o artefatti. Si deve ottenere il 90% del Personal Branding dimostrando il proprio valore con contenuti che aiutino gli altri e non attraverso foto scattate a bordo di automobili di grossa cilindrata, in località turistiche prestigiose o al fianco di VIP della TV.
Alimentare il proprio ego a discapito di chi, facendo il confronto con voi, immagina di vivere una vita infelice, perché non è consapevole che molto di quello che vede è artefatto, non è curare la propria immagine ai fini professionali. William Arthur Ward ha scritto “benedetto colui che ha imparato ad ammirare, ma non a invidiare, a seguire ma non a imitare, a lodare ma non a lusingare, a condurre ma non a manipolare”. Un’ammirazione è sana quando è rivolta a chi abbia realizzato qualcosa con le sue mani o attraverso il suo intelletto, e non a chi abbia posato alla guida di una fuoriserie.
La depressione o il risentimento hanno vari livelli di intensità. In molti è uno stato leggero, appena percepibile. In altri è una patologia conclamata e invalidante. Non sapendo con chi abbiamo a che fare, l’atteggiamento migliore è sempre cercare di trovare un giusto registro nella comunicazione di tutti i giorni. La nostra vera sfida è sempre e solo con noi stessi, con i nostri limiti e le nostre capacità. Abbiamo uno scopo nella vita, diventare persone migliori, tentando di migliorare anche chi ci circonda. Teniamo controllata la nostra voglia di mostrare quanto siamo o abbiamo, perché, spesso, chi ci legge non ha gli strumenti per comprendere che è stato il frutto di grossi sacrifici e fatiche. L’impegno per un’ottima riuscita nei social network è riuscire a valorizzare noi stessi attraverso il riconoscimento delle capacità e dei meriti altrui. Cerchiamo di aiutare, nel quotidiano, chi ci segue con riflessioni e contenuti che siano utili e che ci facciano si percepire come ottime persone e grandi professionisti. Assicuriamoci di non ledere gli equilibri di alcuni soggetti meno fortunati di noi che potrebbero risentire del nostro stato.