“Quando inizi a raccontare te stesso, le cose che sei in grado di fare e come lavori le persone ti ascolteranno. Almeno per un po’.
Considera però che alla fine ti giudicheranno sulla base di quello che fai. Quando il divario tra quello che dici e quello che fai diventa ampio la gente smette di ascoltarti seriamente.
I compromessi lavorativi, i clienti che prendi, tutto quello che fai pensando che nessuno ti stia guardando, sono gli elementi sulla base dei quali vieni valutato.”
Quelle che avete appena letto, sono le parole (anche se non tradotte alla lettera) che il saggio Seth Godin ha pronunciato qualche giorno fa. Molti sottovalutano il fatto che se racconti su Facebook di essere il migliore e poi lavori su progetti modesti, gestisci clienti ordinari o partecipi ad eventi non esclusivi si crea uno scollamento tra le parole e i fatti che ai più non sfugge.
Che ci piaccia o no, questo è il comportamento che suscitiamo negli altri. Lo scrittore statunitense ci dice, senza mezzi termini, di essere noi stessi nel racconto che facciamo agli altri. Ci dice che dobbiamo avere una coerenza espositiva orientata alle cose che effettivamente facciamo e ai traguardi che raggiungiamo. Fingere di essere migliori è deleterio, inutile e in alcuni casi ridicolo.