Ci sono voluti tre anni di studio e lavoro a Brian Solis per produrre il libro “X: The Experience When Business Meets Design” (www.xthebook.com). Un testo molto curato dal punto di vista grafico e fotografico che potrei definire “esperienziale”. Oltre trecento pagine di contenuti curati come fossero un’immensa infografica.
Con questo libro Solis racconta una storia. Traccia un percorso nel business del futuro e indica una strada il cui l’Esperienza (ridotta alla lettera X) dominerà il rapporto con il cliente, con i colleghi, con i fornitori e con chiunque abbia a che fare con l’azienda. Il libro introduce il concetto di “architetti di esperienze” e guida i lettori verso la scienza della produzione di esperienze significative e condivisibili. Secondo l’autore, questo è il vero motore della promozione efficace in un futuro dominato dalla tecnologia e dal surplus informativo.
Grazie a Petra Schrott e alla sua audacia siamo riusciti ad avere un colloquio telefonico di oltre trenta minuti. La cosa incredibile di questi veri guru americani è che sono molto più disponibili dei sedicenti guru nostrani. Polemiche a parte, io e Petra ci siamo divisi le domande e l’impressione che ho avuto, in questo brevissimo lasso di tempo, è di essere di fronte a una persona con una visione chiara e lucida dei prossimi anni, di cosa ci aspetta e di cosa dovremo fare per riuscire a sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e globale.
Questa è solo una parte della lunga intervista. Potete leggere l’altra parte, altrettanto significativa, in questo post di Petra.
L’esperienza porta il consumatore al centro del prodotto.
Chi è nell’azienda il naturale progettista di “architettura esperienziale”? Esisterà una figura specifica?
Diventerà l’architetto dell’esperienza chi vorrà prendersi la responsabilità di un lavoro oneroso e innovativo, quale il comprendere come nutrire l’esperienza del consumatore con il prodotto o il brand. Non è un lavoro semplice, ma ci deve essere qualcuno che si prenda la responsabilità all’interno dell’azienda di gestire questi nuovi processi e percorsi: i viaggi d’esperienza del consumatore.
Ho visto questa evoluzione all’interno dell’aziende, perché studio anche la digital transformation, ovvero come le aziende, per competere in un’economia digitale, cambiano i loro metodi per fare business, i loro processi e i loro modelli. Le aziende stanno cercando di unire diverse persone e dipartimenti per pensare a questo nuovo processo. La customer journey è un percorso che aiuta a capire l’evoluzione del consumatore nei vari punti di contatto che ha con il prodotto.
Nell’ultimo anno ho incontrato varie persone che stanno lavorando allo studio dell’experience architecture, perché ne hanno capito l’importanza strategica. Sono innanzitutto i chief experience officer o i chief customer officer o altre funzioni tra quelle che cercano di capire il consumatore e contemporaneamente toccano il mondo del marketing e dell’IT. Ci dovranno essere delle nuove expertise interne per lavorare in questo processo esperienziale del consumatore.
Vedi delle differenze fra il consumatore italiano, quello americano o quello europeo nel mondo digitale?
Non ho studiato i paesi singolarmente, perché preferisco focalizzarmi sulle tendenze globali rispetto a quelle che si possono trovare nei diversi paesi. Sicuramente, se mi concentrassi su un paese alla volta, noterei delle piccole differenze, degli adattamenti diversi rispetto alle tendenze globali.
Internet e il mobile sono trend globali. Internet, con la sua diffusione, ha assunto un rilievo globale. Negli USA gli utenti utilizzano Facebook esattamente come lo si usa in Italia o in Francia. Le persone mostrano dei comportamenti simili, perché sono queste piattaforme globali a influenzare il modo in cui acquistiamo online e ci condizionano anche quando comperiamo offline.
Uber o Airbnb ci stanno insegnando che siamo noi il centro del nostro universo e stanno cambiando, a livello globale, i comportamenti, le abitudini, i ragionamenti, le aspettative e le preferenze dei consumatori. Io cerco di stare ad un livello più alto, di non focalizzarmi su una singola realtà, con l’obiettivo di ispirare le persone nei diversi paesi. In questo modo, leggendo i miei libri, i vertici delle aziende potrebbero dire ‘ok, Brian ci mostra questa tendenza culturale, allora capiamo come avviene questa attitudine anche nel nostro paese, per esempio in Italia’.
Alcune mie ricerche hanno aiutato i manager indiani a comprendere come avrebbe potuto funzionare Uber nel loro paese. Visto che in India non ci sono carte di credito, hanno adattato la piattaforma a funzionare attraverso l’uso dei contanti. Se vuoi lavorare in India con Uber, allora devi prendere i soldi cash. Punto. Si prendono queste tendenze globali e si cerca di adattarle al paese in cui ci si trova.
Si possono usare questi metodi di experience marketing anche per la gestione dei contenuti, video, blog e foto per amplificarne l’attenzione?
Quelli che hai citato sono strumenti del marketing o dello storytelling. Il libro, in verità, cerca di aiutarti a capire che tipo di esperienza vuoi creare per il tuo consumatore, come farlo sentire e a che livello di rapporto con il tuo brand e il tuo prodotto vuoi portarlo. Il libro ti dà gli strumenti per disegnare l’esperienza da far vivere ai tuoi clienti.
I video, il blog o le foto sono tutti strumenti per condividere contenuti che rinforzano la strategia di architettura dell’esperienza. Prima, però, si deve procedere alla mappatura dell’esperienza e, solo successivamente, attraverso la giusta comunicazione, si può raccontare al consumatore il prodotto o il brand in una maniera adeguata.
Brian, mi forniresti qualche esempio? Un brand che ha fatto sentire speciali le persone. Un modello attuale di riferimento per il futuro
La storia che mi piace raccontare è quando, da bambino, sono andato a Disneyland e di come mi ha fatto sentire. E’ stato un momento importante di cambiamento per la mia vita. Sono diventato un fan dei loro film e dei parchi a tema in tutti gli Stati Uniti. Disneyland cerca di lasciarti un ricordo potente, da bambino, ricordo che poi ti porterai a livello nostalgico nella tua vita da adulto. Disney ha fatto questo intenzionalmente.
Altro marchio speciale per me è la Apple di quando era in vita Steve Jobs. Apple mi ha aiutato a comprendere il percorso di cambiamento dei paradigmi di business. Loro ci hanno dato gli strumenti che ci hanno indotto a mettere in discussione i nostri stessi modelli di business.
Queste sono due aziende che ti prendono proprio dal punto di vista emotivo. Penso che siano questi i modelli che fanno scuola a chi voglia avventurarsi in questo nuovo modo di concepire il rapporto con il cliente.
A mio avviso, lo sforzo futuro delle aziende, di mettere al centro il consumatore, non farà altro che creare ulteriori narcisisti digitali. Già adesso le piattaforme sociali hanno agevolato questa inclinazione.
Quale sarà l’evoluzione di questa trasformazione?
E’ una domanda molto filosofica e cercherò di darti una risposta altrettanto filosofica.
Questo processo continuerà e diventeremo sempre più narcisisti. Il risultato del cambiamento dei nostri comportamenti sarà destabilizzante per molte industrie che non lo reggeranno.
Le aziende che non faranno quello che racconto nel mio libro avranno dei problemi, perché ci saranno delle nuove start up che cambieranno i paradigmi di business tradizionale in diversi settori quali banking, assicurazioni, finanza e nelle attività in cui la cura della persona (health) sarà al centro. Arriveranno nuove aziende che risponderanno al mercato con strumenti più intuitivi e vinceranno sul vecchio modo di fare business.
Allargo la visione alla società. Questo nuovo sistema indurrà nel consumatore dei comportamenti, grazie ai quali si sentirà sempre più libero e avrà sempre maggiore potere decisionale. Questo atteggiamento potrebbe minare anche le istituzioni religiose o governative, perché le persone sono connesse come vogliono, imparano quello che vogliono e si spostano a livello globale sia fisicamente che in ambito digitale. Questo porterà alla nascita di nuove forme di business e di leadership.
Dipende da tutto da noi. Alla fine siamo noi a fare la differenza. O siamo tra quelli che rivoluzionano oppure rimaniamo tra quelli che subiscono il cambiamento.