Andrea Girardi, HR specialist e consulente di cui ho già parlato in questa occasione, mi ha inviato il caso di Valentina (a cui ha fatto una breve consulenza), blogger romana che dimostra con i fatti a cosa serva un blog.
Molti mi dicono che il blog è uno strumento vecchio e che si può fare la stessa comunicazione attraverso i social network, niente di più sbagliato:
Qualche tempo fa incrocio su Twitter una giovane copywriter romana, tale Valentina.
Un profilo tra i meno appariscenti, una foto che è peggio della mia, un nickname (@stripedpapillon) complicatissimo da ricordare e un link al blog, il suo blog, che porta un nome ancora diverso (vitadafreelance.wordpress.com) che nemmeno è di primo livello, a dispetto di quanto si racconti in giro.
E poi? E poi basta, perché la ragazza non ha nemmeno un profilo su LinkedIn, cosa che oggi suona un po’ come follia.
Lei si nasconde. Insomma è l’espressione social della timidezza.
E infatti tutto è meno che “frizzante”, tanto nelle interazioni social, quanto nei contenuti del blog.
Già il blog. Scrive, non tantissimo ma scrive. Un po’ nascosta anche lì. Se superi le prime 5 righe trovi anche il contenuto valido. Però la grafica, il layout, l’incipit stesso… insomma Valentina è timida e riservata e riversa questo anche sulla rete.
Un’ottimo esempio di cosa gli esperti dicono di non fare.
Eppure… Valentina lavora. E quanto lavora!
La storia è questa: lei scrive, per sé e per qualche altro, giusto per far vedere che le cose le sa e bene.
Poi continua a formarsi: investe tempo e danaro in workshop, libri, webinar, perché sa benissimo che nella vita c’è sempre da imparare e migliorarsi e intanto scrive la sua, il suo punto di vista, racconta il suo modo di intendere il copywriting, ed è brava, molto brava.
Insomma, un mestiere che può fare, e infatti arrivano i primi contatti, poi qualche richiesta di preventivo.
Ma non vanno a buon fine, nel senso che nessuno le risponde, i preventivi cadono in un buco nero.
Un giorno Valentina rompe gli indugi e mi scrive una lunga mail il cui succo più o meno era: “che cavolo, qui mi cercano e poi spariscono!”
Ma la soluzione è semplice: visiono un paio di preventivi suoi, li modifico nella forma (che il prezzo non conta e comunque suggerii di aumentarlo).
Ed ecco il primo cliente, poi un secondo, poi un terzo. Tutti che arrivano grazie al blog, al suo blog che non rispetta nessuna regola scritta dei socialguru.
Sì, Valentina è, e resta un po’ timida, e quando ha i primi incontri con i clienti ha qualche difficoltà, ma sono stati sufficienti una telefona e due skills, per risolvere: lei è una che applica a fondo con metodo.
Risultato? Il cliente che tanto la terrorizzava perché le sembrava il lavoro più grande del mondo le dice: “No guardi, non fa per me, ma le passo un contatto, c’è chi ha bisogno di lei”.
Contatto molto grosso e oggi, Valentina ha una decina di clienti medio piccoli e un contratto (per la seconda volta, per altri sei mesi) con una grande compagnia aerea (e si, fa consulenze ad Alitalia), per la quale sta rivedendo tutto quanto riguarda l’IT: dal copywriting alla presenza social. Un lavoro enorme che la fa impazzire per le lungaggini burocratiche e la costringe a cambiare una virgola alla volta, ma anche le regala mille soddisfazioni, non solo finanziarie.
Lei stessa oggi dice: Se non avessi avuto il blog non sarei qui.
Così, giusto per parlare dell’inutilità di un blog oggi.
Valentina ha usato un vecchio sistema (la preparazione) un pizzico di saggezza (ha cercato fuori dal suo mondo le competenze che le servivano) un po’ di furbizia (lontana dalla concorrenza) e una cosa nuova: un blog. Con buona pace di chi si affanna a definire il blog inutile, morto e che sia tutta questione di raccontarsela tra colleghi sui social network.