Chi investe in acquisizioni di aziende o di parte di esse attraverso quote azionarie si attende che queste ripaghino con gli interessi il suo investimento. Nel fare questo, ogni operatore di questo mercato, ha metodi di valutazione che gli consentono di cercare l’investimento dove c’è una reale prospettiva di guadagno. Nei decenni passati era il nome del brand (oppure i marchi di sua proprietà) a stabilire una parte del valore e della sicurezza sull’investimento e le aziende venivano acquistate anche sulla base di questo prezioso elemento.
Questa prassi è cambiata negli ultimi 10 anni. Lo evidenzia lo studio ‘Brand Britain’ di Markables, che racconta come nel 2005 il valore del marchio, nelle acquisizioni aziendali, incidesse nel 25% del valore totale dell’impresa. Già nel 2014 questo valore era sceso al 13% del valore totale dell’azienda. Contestualmente, nello stesso periodo, un altro fattore è cresciuto moltissimo, “il valore del rapporto con il cliente”, che si assesta dal 12% al 24%.
Secondo Chrisof Binder, managing partner di Markables, “con gli strumenti che abbiamo oggi nel marketing è più facile incrementare il valore del rapporto con i clienti. Oggi gli investitori premiano le aziende che investono nelle relazioni con gli acquirenti più che nel valore del brand”.
Ho voluto chiedere a uno dei maggiori esperti italiani di finanza (e digitale), Francesco Carlà, come interpreta il dato dell’aumento del valore delle relazioni a discapito del marchio:
“La mia idea sul tema è semplice: la forza della brand sta anche nelle relazioni con i consumatori. Dirette, digitali (simulate) e simboliche. Le brand devono solo decidere come investire, con quali media e in quali forme, parte dei margini del proprio business. Questa è la cosa più importante da decidere e da misurare.”
Perché questo spostamento di valore dal brand al rapporto con il cliente?
Gli investitori hanno compreso che nei prossimi anni le persone acquisteranno sulla base delle relazioni e del supporto che le aziende sapranno garantire alla propria clientela. Come teorizzava Marshall McLuan, il medium è il messaggio, perché favorisce lo sviluppo di una forma mentis. Oggi abbiamo media diversi che ci permettono di dialogare con le persone e con i brand. I fruitori hanno assunto una forma mentis in cui non ricoprono più solo il ruolo dei semplici fruitori di informazioni, ma diventano essi stessi un anello fondamentale di una catena che prevede comunicazione, conversazione e personalizzazione del prodotto.
Le aziende che non sapranno adattarsi a questa trasformazione avranno le ore contate.