Da oggi inizia una nuova era in cui, di tanto in tanto, inviterò amici e colleghi che ritengo essere utili per migliorare la comprensione dei meccanismi che ruotano attorno al web marketing e come sfruttarli al meglio. Parto da Francesca Ungaro, che ha esperienza di psicologia clinica, oltre che di cura dei contenuti e che si aggancia benissimo ad un mio precedente post:
Nel flusso continuo di informazioni a cui siamo sottoposti, nella corsa a chi arriva primo a conquistare il cliente, viviamo in un frullatore di emozioni che non approfondiamo.
Lavoriamo su piattaforme Social che in tempo reale amplificano quello che diciamo, e la verità è che abbiamo timore a esprimerle, quelle emozioni, come fossero qualcosa di non professionale.
Finché non è proprio il lavoro a incespicare.
Abbiamo un cliente da convincere e un pubblico da coinvolgere: proviamo a mettere in moto anche il cervello emotivo.
Esiste, infatti, una forma di intelligenza non razionale che è definita come la capacità di suscitare sentimenti e utilizzare le emozioni per facilitare i pensieri.
Si chiama Intelligenza Emotiva e oggi è conosciuta grazie a Daniel Goleman, che nel 1995 scrisse “Emotional Intelligence”. Un libro che ha fatto il giro del mondo.
Come scrive Riccardo nel suo post, se leghiamo il prodotto che vogliamo vendere a una componente emotiva, inneschiamo meccanismi di irrazionalità.
Ecco: sono proprio quelli la scintilla che fa esplodere il successo prevalendo sulla concorrenza.
Perché irrazionalità non vuol dire non usare il cervello, ma usare un cervello diverso da quello razionale.
La buona notizia è che nel marketing funziona benissimo. Le campagne di successo puntano dritte ai sensi. Le emozioni ci vedono benissimo e arrivano dove non arrivano le parole.
Nel mondo non consapevole – l’inconscio – le emozioni sono un universo infinito, totalmente soggettivo. Sono anche, tuttavia, un terreno comune, condiviso.
Questa è la leva: ci fanno sentire a casa. Accomunano, avvicinano, colpiscono dritto, convincono e spiazzano. Il cliente smette di essere diffidente quando sente di partecipare a un’emozione comune, le sue difese si abbassano.
Non solo.
Davanti ad un’emozione ci si ferma, almeno per un istante. E’ inevitabile: si crea una sospensione nel flusso della comunicazione. Un istante, al massimo un minuto.
Eppure è in quell’istante puramente istintivo che l’attenzione viene colpita e si fissano i ricordi.
Quando la comunicazione riparte scopriamo che il dialogo è diverso, perché la scossa emotiva è stata capace di cambiare la percezione delle parole.
Il nostro prodotto diventa più attraente.
Il cliente che ha provato un’emozione si è sentito una persona, compresa nei suoi bisogni al di là del business e dei numeri. Ed è questo che lo convincerà, almeno a ascoltarci di più.
L’intelligenza emotiva fa vendere, eccome, proprio come rende migliore ogni nostra relazione.
Non credete che valga la pena imparare a conoscere questo mondo emotivo?