I social network sono ormai diventati una tecnologia consolidata e matura, solo alcuni anni fa venivano visti con sospetto, il timore che fossero effimeri e inutili ai fini promozionali era palpabile.
Oggi non è più così, lo percepisco tutte le volte che parlo con aziende e professionisti, ora nessuno mette in dubbio l’utilità e la necessità di esserci con una strategia di contenuti e di cura nelle relazioni con il pubblico.
Il limite evidente che hanno i brand nel comunicare non è una novità: i social network sono fatti di persone per le persone, come ho evidenziato ieri, una comunicazione pomposa e istituzionale, tipica di una marca, che si inserisca nelle conversazioni tra le persone farà molta fatica a farsi strada e a rendersi efficace.
Clara Shih, sul blog di Harvard Business School, ci racconta che nel corso del 2014 molte aziende inaugureranno una terza fase di presenza sulle piattaforme sociali, in cui si chiederà ad una parte della loro struttura a partecipare e diventare portavoce del brand.
“La gente si fida degli individui, non dei brand”
La forza di influenza del singolo è la strada maestra da seguire a pari passo con la comunicazione istituzionale della marca. Negli studi di IBM si evidenzia come 6 consumatori su 10 seguono le raccomandazioni dei propri amici sui social network e di come un volto umano sia la chiave di volta per riuscire a rompere le barriere di diffidenza verso un servizio/prodotto.
L’autenticità è diventata un prerequisito per fare affari in questa nuova era e l’azienda dovrà impegnarsi nella tessitura di una rete sociale a supporto dei propri obiettivi.
Nel 2014, sempre più aziende inaugureranno la terza ondata di business sociale che attiva tutti i membri dell’organizzazione a partecipare. Mentre i team di marketing aziendali continueranno ad usare Facebook, Twitter e LinkedIn per la brand awareness, i team di vendita si attiveranno per sfruttare i social network in modo da raggiungere e coinvolgere i propri clienti e prospect in maniera autentica, mettendoci la faccia. Il loro compito sarà costruire la loro credibilità come consulenti di fiducia attraverso il valore aggiunto dei contenuti e di fornire più elevati livelli di servizio rivolti ad aumentare la fiducia verso loro, il loro brand e approfondire le relazioni. Anche per i dipendenti in ruoli non commerciali, ci si aspetta che rappresentino la società online per amplificare e rafforzare il brand aziendale e il suo valore.
Clara ha detto bene, ha raccontato una cosa che vado dicendo da parecchio su questo blog, purtroppo non sono un influencer della sua portata, ma vi posso assicurare che l’azienda che farà comprendere ai propri dipendenti quanto sia essenziale nel futuro avere la cura della loro presenza online sarà un’impresa vincente.
Come potrà convincere il dipendente ad esserlo? Non con soldi o nuovi benefit ma facendolo ragionare sul fatto che se non curerà il suo personal branding non avrà un futuro lavorativo. Se la tendenza è questa, anche in fase di assunzione le aziende privilegeranno dipendenti con capacità di generare conversazioni e seguito sociale. Evitare questa opportunità significherà fare male a se stessi prima che all’azienda in cui si lavora.
Riccardo, come vedi condivido i tuoi post, perché sposano esattamente ciò che penso e ciò che ho appreso in questi lunghi anni lavorando in azienda. Mi sto attrezzando per diventare una consulente aziendale, con un approccio più mirato alla motivazione aziendale e al web marketing. In ogni caso: O ti Distingui o ti estingui ” e secondo me il win-win tra azienda e cliente è uno dei modi per distinguersi, proprio fornendo supporto e chiarezza verso i propri clienti, trovando soluzioni sempre più interessanti e innovative. Siamo passati dall’era industriale a quella della conoscenza (knowledge worker) perciò è fondamentale continuare ad innovare, a migliorare se stessi.