Il lavoro assomiglia alle scelte che facciamo quando decidiamo di andare in ferie. Le persone sono molto diverse tra loro: alcune amano le avventure e partono per un viaggio improvvisato senza una meta definita; altre preferiscono programmare tutto o andare sempre nello stesso posto; altre ancora adorano la certezza e la spensieratezza di un villaggio vacanze o di una crociera.
Ho amici e stimati colleghi in tutte e tre queste categorie.
Io stesso, lavorativamente parlando, sono stato per i primi 10 anni dipendente e per i successivi 20 imprenditore.
Negli ultimi mesi alcuni dei miei contatti, dopo anni di stress dovuto al dover trovare sempre nuovi clienti, pagare le tasse, lottare contro l’enorme burocrazia, gestire i dipendenti e far quadrare i conti, sono diventati dipendenti di aziende.
All’inizio erano molto soddisfatti di essere passati a una vita meno gravata dalle responsabilità e dall’incertezza. Dopo qualche tempo, però, hanno iniziato a manifestare un malessere insolito e non meno ingombrante: la mancanza di libertà.
Un libero professionista o un imprenditore ha un unico grande vantaggio: la scelta. Sceglie se un cliente gli piace o meno, seleziona le persone che lavoreranno con lui e, soprattutto, può gestire il proprio tempo. La massima libertà in cambio di una grande responsabilità.
Il dipendente – a meno che non sia un manager di alto livello – ha alcune certezze e minori responsabilità, ma in cambio deve convivere in un ecosistema di persone che non può sostituire, ha spesso degli obblighi di orario e non decide la direzione in cui andare.
Non si può avere tutto: ogni scelta nella vita comporta rinunce e vantaggi. Quindi, prima di decidere se essere dipendenti o indipendenti, dobbiamo fare i conti con noi stessi, con il nostro carattere, le nostre paure e l’obiettivo della nostra vita.
“È ciò che ricaviamo da ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che separa una persona da un’altra”, sosteneva Nelson Mandela. Illudersi di essere liberi in una situazione in cui potenzialmente potremmo esserlo, ma che non sappiamo gestire, significa trovarsi in una prigione le cui catene si chiamano “stress”.