Ho imparato a guardarmi allo specchio in modo critico: a visualizzare, amare o – almeno – accettare le conseguenze del mio modo di essere. Sì, perché quello che sono diventato non è frutto del caso, ma il risultato di due grandi forze interiori, una che respinge e una che accoglie le novità.
La maggioranza delle persone – quando le viene chiesto di farlo – ritrae di sé un profilo in cui dice di accogliere il cambiamento, le sfide o le idee diverse. Anch’io mi sono illuso di essere così, ma non avevo fatto i conti con lo specchio.
Per me non è un oggetto, ma un luogo nel quale veniamo a patti con le conseguenze delle scelte di cui siamo – in larga misura – responsabili.
Ad esempio, io non ho molti veri amici, e questo deriva dal mio modo di pormi nei confronti di chi non conosco da molto tempo. Se non concedo una possibilità alle persone che bussano alla mia porta, non avrò mai uno “storico su cui valutare l’investimento”. Quindi il mio specchio riflette questa situazione.
Lo specchio mostra l’atteggiamento che abbiamo rispetto alle scelte di tutti i giorni. Se non ami la tecnologia non avrai mai la sua benevolenza. Se sei pieno di dubbi, ritrosie e paure non otterrai mai l’amore o il lavoro che vorresti. Se preferisci restare rilassato e rimandare le decisioni, comincerai a pensare che il mondo (o la fortuna) non ti è propizio.
La creatività non ci manca: c’è sempre una scusa che possiamo inventarci per una conseguenza che abbiamo innescato col nostro comportamento.
In questo luogo, chiamato “specchio”, possiamo accettare noi stessi e il risultato del nostro modo di essere, oppure coltivare la frustrazione di una visione diversa e più fatalista, in cui agenti esterni hanno creato o danneggiato la nostra esistenza.
Io ho fatto pace con lo specchio, ora siamo amici sinceri, lui mi dice le cose come stanno. Io lo ascolto, a volte decido di cambiare qualcosa, altre volte accetto di non poter cambiare tutto, e capisco che alcuni difetti li posso conservare gelosamente.
Mai raccontare balle allo specchio, te le restituisce pari pari.
A meno di essere un vampiro!
Ai vampiri è concesso tutto (tranne andare in giro di giorno)
Secondo me Skande è il Krishnamurti del marketing.
Mi piace un sacco, grazie!