Lavorando con gli altri, ho scoperto che a livello professionale la parte più difficile non è la motivazione, la disciplina o la voglia di dedicarsi a quello in cui si crede. Vedo ogni giorno tante persone che ce la mettono tutta per raggiungere il loro obiettivo.
La parte difficile non è nemmeno avere una nuova idea e impegnarsi per realizzarla, ma è abbandonare questa idea. Disinnamorarsi, lasciarla e dedicarsi ad altro.
Io stesso a volte inizio a scrivere un post, poi, mentre gli sto dando forma, capisco che non è interessante, ho poco trasporto e non trovo le parole giuste per comunicare ciò che sento. Se accade questo, non insisto.
Ecco perché è così difficile realizzare buoni contenuti: per creare qualcosa di buono devi prima distruggere il vecchio. L’ho fatto anche con il mio ultimo libro, che ho completamente riscritto (a parte il titolo).
Ma questa cosa l’ho fatta anche nella vita professionale: molte volte ho cambiato direzione.
Ho visto persone entrare in un “loop discendente” nel quale ogni passo non faceva che aumentare la velocità con cui si avvicinavano alla frustrazione o al fallimento, solo perché qualcuno diceva loro di non mollare, di tenere duro e che alla fine ce l’avrebbero fatta.
Le professioni e le aziende non sono molto diverse dalle famiglie: si pensa di amare qualcuno e non ci si accorge subito che non è questo che si desiderava realmente nella vita. Ma poi è troppo tardi, perché si è acceso un mutuo, sono nati dei figli e si è creato un legame psicologico, economico e legale.
E così, anche sul lavoro, comunichiamo le cose sbagliate, che hanno un riscontro e quindi pensiamo siano quelle giuste, perché funzionano. Poi però scopriamo che pur ottenendo like, follower e interazioni, niente di tutto questo ci porta occasioni.
Ne ho visti tanti di professionisti che avrebbero innovato qualsiasi cosa della loro comunicazione, tranne la direzione. Rimanere “incastrati male” è la cosa che più danneggia anche gli ottimi comunicatori: la perseveranza non è un valore se l’obiettivo è mutato, travisato o sbagliato.
Forse questo articolo è più utile a me che a te, l’ho scritto per fissare meglio nella mia mente l’idea che tutto può essere messo in discussione, perché nulla – nemmeno quello che all’apparenza ha funzionato bene in passato – è scritto sul marmo.
Qualsiasi mio testo è un dialogo con me stesso, nella speranza che sia utile anche a chi mi legge.
La perseveranza è uno dei valori più importanti, forse quello che conta di più in un progetto. Ma fino a che punto? Se si vuole essere da un’altra parte è giusto cambiare direzione, specie se quello che stiamo facendo funziona poco o è lontano dalle proprie corde. Anche perché il proprio obiettivo può essere declinato in più di un modo. Non c’è una sola maniera di fare le cose. Ad esempio, immaginiamo di essere un musicista che ha deciso di perseguire la carriera da solista. Dopo aver lavorato duramente per diversi anni e aver pubblicato alcuni album, ci rendiamo conto che non siamo in grado di attirare il pubblico che speravamo e che i nostri sforzi non stanno portando i risultati sperati.
In questa situazione, potremmo decidere di perseverare nella stessa direzione, continuando a scrivere e pubblicare nuova musica, promuovendola sui social media e cercando di attirare nuovi fan. Tuttavia, potrebbe anche essere il caso di valutare altre opzioni e cambiare rotta.
Ad esempio, potremmo decidere di collaborare con altri musicisti, creare una band e fare musica insieme. Oppure, potremmo decidere di focalizzarci su altri aspetti della carriera musicale, come scrivere canzoni per altri artisti o lavorare come produttori. In questo modo, potremmo trovare nuove opportunità che si adattano meglio alle nostre capacità e interessi e che ci permettono di realizzare i nostri obiettivi in modo diverso ma altrettanto gratificante.
Perseveranti ma non stupidi. Ben detto Giuseppe