Tutti noi abbiamo una storia, delle esperienze pregresse e dei modelli culturali, che fungono da riferimento per qualsiasi cosa ci accada o persona che incontriamo. Abbiamo un senso estetico e stilistico che chiamiamo realtà, la nostra verità. Chiunque vada contro i nostri modelli di riferimento viene subito etichettato dalle nostre superficiali percezioni come strano e diverso, facendo, di conseguenza, aumentare il nostro livello di diffidenza.
Siamo fatti male. Quando incontriamo qualcuno, diamo giudizi di lungo termine inappellabili, sulla base di prime impressioni, facendoci influenzare da dettagli o particolari che non comprendiamo o non ci sono famigliari.
La scansione iniziale è spesso vincolante: analizziamo la superficie prima di valutare la sostanza, prima di poterla soppesare.
Quindi non volermene se “c’è qualcosa che non mi piace in te”: potrebbe essere la tua battuta di spirito, il tuo taglio di capelli o il tuo modo di vestire. Forse hai fatto qualcosa che la mia rigida gabbia di sovrastrutture mentali non ha gradito. O semplicemente il mio stile non è il tuo stile.
Questo non significa che tu non sia la persona perfetta per questo lavoro, oppure che lo farai male o che mi tirerai una fregatura. Significa che per me tu sei un territorio inesplorato, sei qualcosa che fin da subito non so valutare e quindi, nel dubbio – o per paura – è più semplice per me rivolgermi altrove.
Non me ne volere, sono io in difetto, non tu.
Il mercato è in difetto, non tu.
Quando incontri persone come me (ricorda che rappresentiamo la stragrande maggioranza del mercato), hai due possibilità:
- Mi convinci che la tua forma inconsueta nasconde una grande sostanza, attraverso una precedente comunicazione che la evidenzi (questa attività si chiama branding). Devi abituarmi all’idea che sei una “mucca viola”. Se farai questo, nulla potrà cancellarti dalla mia testa. Le mucche viola non si scordano: vengono amate o odiate, ma non passano mai attraverso la fase dell’indifferenza.
- Ti adegui a chi hai di fronte: sei neutro, educato, prevedibile con uno stile classico. In questo modo, mi rassicuri e possiamo passare a valutare la sostanza di ciò che proponi.
Se scegli l’incerta via di passare per eccentrico, sappi che stai scegliendo la via più costosa energeticamente. La comunicazione dovrà essere una parte fondamentale del tuo impegno quotidiano. Non tutti ti comprenderanno (o vorranno farlo). Ma se diventerai una “mucca viola”, otterrai una maggiore visibilità, popolarità e dei guadagni più alti.
La scelta di essere neutro, invece, ti permette di esercitare un minore impegno nella comunicazione, ma, come rovescio della medaglia, avrai tanta concorrenza di persone uguali a te. Sarai rassicurante e gradito, ma pagato meno.
Tu cosa scegli?
Scelgo la prima, anche perché non è nel mio “stile” né nella mia personalità adeguarmi a un modello, a un modo di pensare, ecc.
Certo, non possiamo essere tutti delle mucche viola, ma essere neutri lo vedo come far parte di un gregge.
Serve una via di mezzo in effetti! :D
Al momento mi sento una mucca glicine, né viola né bianca.
Vero è che essere la mucca viola in un mondo daltonico diventa altamente sfidante, e nello stesso tempo, eccitante.
Mucca viola per sempre… ho accettato da parecchio ormai che non esistono vie di mezzo per me: tutti quelli che incontro o mi amano per il mio modo “particolare” di fare e comunicare ed è visibile oppure mi odiano (anche in maniera mascherata, ma per me è subito percepibile).
Sono un tipo estremamente franco, diretto e semplice: a molti piace se sono sicuri di sé, a molti altri invece no… that’s it!
Tendenzialmente sono d’accordo con la prima parte della riflessione: è vero che veniamo etichettati, spesso in maniera irreversibile. Coloro che mettono etichette non sono mai completamente dalla parte della ragione per i motivi che ha espresso esaustivamente, però trovo che non sia prudente dire sempre “non sei tu, sono io”.
I difetti appartengono a tutti e tutti ci devono riflettere e lavorare. Quindi se ci sono sicuramente casistiche in cui “sono io, non sei tu”, ci sono anche altrettante casistiche in cui “sì, sono io, però anche tu…”. Il perseguire troppo posizioni del tipo “sono io, non tu” rafforza certamente chi ha un’umiltà naturale, chi naturalmente guarda il proprio difetto e cerca di migliorarlo: dall’altro lato però rischia di andare a rafforzare atteggiamenti negativi in chi è già naturalmente presuntuoso, poco umile, vanitoso, con troppo amor proprio e spesso anche non così capace (tanto che infatti lavoratori simili tendono sempre a fare lo scarica barile se c’è qualche problema). Ora forse mi odierà, però ho apprezzato i consigli dell’ultima parte, sempre ben accetti!
Ciao Beatrice, nel post non parlavo di me, ma di quello che accade online. Siamo tutti fatti così, è facile per noi etichettare le persone in base a futili dettagli. Non tutti, ma quasi ;)
Grazie per questo contenuto Riccardo.
Quello che penso è che in fondo a tutti piacerebbe essere delle “mucche viola” ma senza esserlo veramente; nel senso che vorremmo distinguerci senza fare lo sforzo di diventare davvero delle mucche viola, appunto.
Per essere viola bisogna avere anche (e soprattutto) talento, è vero, ci sono nozioni che si imparano, ma l’indole è difficile cambiarla. L’ironia, il sarcasmo, un particolare stile comunicativo, è davvero difficile costruirli da zero, è più probabile farli uscire fuori se già si hanno in dote.
Allora?
Allora succede che per il 99% apparteniamo al caso 2, ci adeguiamo, siamo neutri, rassicuranti e puntiamo sul valore (o almeno così dovrebbe essere). E questo non per demerito, anzi.
Bisogna che, però, ciascuno comprenda la propria indole e su questa costruirci sopra un brand (come tu benissimo insegni), ma di base ci deve essere una trasparente assunzione dei propri punti di forza e di debolezza, i propri “limiti” e dentro i quali costruir-ci.
Forzarsi per sembrare chi non siamo, per essere viola, ci renderebbe solo goffi e poco autentici.
Condivido la tua stessa opinione Donato!