È stato scritto molto sulla “riprova sociale”. Fenomeno cognitivo congenito nelle persone che tendono a considerare maggiormente validi i comportamenti o le scelte effettuate da un elevato numero di persone. È un fenomeno psicologico-sociale noto che sta alla base della diffusione delle “mode”.
La “riprova sociale” si fonda sull’esperienza diffusa. Se molti acquistano un determinato prodotto o compiono una data scelta, imitandoli, abbiamo la certezza di minimizzare il rischio. Pensiamo che l’intelligenza collettiva non possa sbagliare e che ci aiuti semplificando le nostre scelte.
Nessuno entra in un ristorante vuoto, così come non ci fidiamo ad acquistare un libro che su Amazon non ha nessuna recensione. La stessa cosa vale per le persone: riteniamo degno di fiducia solo chi ha un enorme seguito e un grande numero di riscontri sociali.
Il potere della “riprova sociale” è ben noto ai politici così come ai comunicatori di ogni genere. Un interessante studio fatto dalla Nato qualche mese fa ha messo in evidenza come sia semplice, con poche centinaia di euro, manipolare i numeri degli account social come: Facebook, Twitter, Instagram e YouTube.
Per soli 300 euro, gli esperti sono stati in grado di acquistare oltre 54.000 interazioni fasulle sui social media (like, condivisioni, commenti e visualizzazioni video).
Mi accorgo che in questi ultimi anni le persone stanno cambiando. Hanno iniziato a diffidare della notorietà e la utilizzano sempre meno come fattore di credibilità. Lo dicono le statistiche e alcuni riscontri che ho avuto in questi mesi.
I comunicatori con molto seguito esercitano il ruolo importante di far emergere una notizia, il bisogno di un prodotto o insegnare qualcosa di utile, ma sono stati privati della fiducia iniziale.
Questo non significa che la loro efficacia sia compromessa; semplicemente che si è alzato il livello di complicazione nelle attività di marketing che li riguardano. Il loro pubblico li ascolta, li legge e poi verifica l’informazione attraverso fonti aggiuntive.
Faccio un esempio pratico: se un “influencer” parla tessendo le lodi di un nuovo monopattino elettrico una buona fetta del suo pubblico, prima di acquistarlo, verificherà attraverso fonti aggiuntive la correttezza della recensione. Il ruolo dei riscontri di amici e parenti, aggiunto alle recensioni su Amazon o a quelle di altri recensori comporrà la propensione all’acquisto.
Abbiamo visto dallo studio della Nato come sia facile edulcorare i dati di seguito e interazione. Avere un seguito reale è fondamentale, ma non dà più la garanzia di credibilità. Le persone hanno compreso quanto sia semplice manipolare le piattaforme social in cerca di “riprova sociale” da esibire a sponsor, aziende e follower.
Credo che gli utenti abbiano capito come gira il mondo degli influencer. Se hai un buon seguito, ma non eccessivo, sono portati a credere che sia il risultato del tuo lavoro, con obiettività. Quindi ti danno fiducia.
Se hai numeri stratosferici, sanno che le aziende ti contattano e ti pagano come influencer, quindi iniziano a chiedersi se quel contenuto è onesto, o semplicemente remunerato… Possiamo chiamarlo il paradosso dei followers? :)
Possiamo chiamarlo così :D
È proprio per questa ragione che Facebook ha deciso di togliere il contatore dei cuoricini su Instagram e che il fondatore di Twitter ha parlato di fare sparire completamente il tasto “like” dalla sua piattaforma.
Cercano di contenere il dilagare di azioni fraudolente basate sulle vanity metrics, per dare maggiore risalto, invece, alla qualità intrinseca dei contenuti.
Instagram, nello specifico, sta spostando il focus della sua attività dagli influencer verso i content creator. In cambiamento di prospettiva che non è e poco.
Sono molto lieto di questi cambi di strategia infatti!
A dire il vero, anch’io!
Sono pienamente d’accordo con lei. Purtroppo, a mio avviso si tende troppo a seguire la massa, anche quando la massa si muove e non sa neanche la direzione ove sta andando o il perché di quella direzione,piuttosto che un altra.
Noto, con amarezza che troppo spesso le persone non sanno rielaborare le notizie apprese, da stampa,TV,social media. A tal proposito mi viene in mente la frase di un mio carissimo amico il quale dice:” di quello che comprendiamo usiamo solo il 10%”,a mio avviso è vero. Credo che per ogni argomento o situazione dovremmo si affidarci al racconto di esperienze altrui, ma dovremmo anche seguire il nostro pathos, il quale sicuramente ci potrà illuminare sulla scelta più giusta per noi e per la nostra situazione. Ma ahi me! Non siamo così bravi ad ascotare noi stessi e a fidarci delle nostre intuizioni ed è per questo che molti si lasciano trasportare dalla massa..