Sono certo che la maggior parte di chi mi segue conosce la differenza tra B2B e B2C. Questo post non ha lo scopo di raccontare il significato dei due maggiori mercati, ovvero quello rivolto alle aziende/professionisti e quello rivolto ai singoli consumatori.
Vendere nell’ambito del B2C, ovvero al cliente finale, richiede una conoscenza approfondita delle leve che inducono all’acquisto e del pubblico di riferimento. Non prendo in esame questo mercato, per focalizzarmi meglio sul B2B, ovvero su come sedurre e convincere le aziende ad acquistare da noi.
Ho notato in questi anni che, al contrario dei clienti finali, le aziende sono spesso immuni allo storytelling tipico del mercato consumer. Non convinci le aziende con le leve classiche, perché su queste le emozioni giocano un ruolo decisamente marginale.
Se vendi a una azienda e NON direttamente al proprietario, devi considerare che non stai vendendo direttamente a chi ci mette le risorse. L’ufficio acquisti, il responsabile IT o un dirigente non acquistano per il loro bisogno, ma per quello dell’azienda e utilizzano soldi non loro. Questa consapevolezza impone di non sperare di far leva sul senso di urgenza, sull’evocare un suo sogno o sul prezzo. Chi acquista è insensibile, perché ha altre priorità, vediamo le principali:
- Evitare problemi
Stai parlando con un dipendente che, anche se ricopre un ruolo manageriale, ha pesci più grossi di lui ai vertici della catena alimentare della sua azienda. L’ultima cosa che vuole è perdere la faccia per un acquisto incauto. Il rischio è l’ultima cosa che cerca. - Guadagnare prestigio
Non sono soldi suoi, ma deve dimostrare di aver fatto un affare a beneficio di tutta l’organizzazione. In questo modo, nel tempo, acquisirà potere all’interno dell’azienda. - Soddisfazione personale
Questo impiegato vuole dimostrare a se stesso e agli altri di avere idee originali e le capacità di portare grandi risultati. Lo convinci solo se hai la soluzione che lui ritiene giusta. - Migliorare le proprie condizioni di lavoro
Più riesce a delegare ad altri compiti che dovrebbe svolgere lui e maggiore sarà la sua propensione all’acquisto.
Queste sono le quattro priorità che noto ogni volta che ho a che fare con un dirigente aziendale che valuta un acquisto. Questa dinamica può saltare, almeno in parte, se si ha accesso al proprietario, ma nelle grosse aziende è decisamente improbabile.
Più la tua azienda è ritenuta solida, per l’alto numero di dipendenti o per i prestigiosi lavori fatti e maggiori saranno le possibilità di ottenere la fiducia dell’ufficio acquisti. Questo perché non affiderebbero mai un grosso lavoro a una piccola organizzazione o a un freelance. Il motivo è chiaro: se qualcosa va storto la colpa, e le conseguenze, ricadono su chi ha scelto te.
Mi è capitato di lavorare con gli Uffici Acquisti e non posso che darti ragione: devono far quadrare parecchi aspetti se parliamo di aziende grandi.
Sbagliare fornitore è un grosso rischio che li porta spesso ad essere molto resistenti al cambiamento; capire a fondo questa tensione non può che aiutare molto la comunicazione, l’approccio e la vendita per chi fa B2B.
Grazie per le conferme Anna!
Sono stata purchase manager per parecchio tempo è quello che leggo è abbastanza vero ma ci sono anche altri aspetti che si giocano sul piano delle relazioni con i capi e l’interazione con gli altri reparti. Ci sono acquisti pianificati altri di routine altri d’urgeNza.
Spesso chi ricopre questo ruolo deve tenere un equilibrio tra il budget, i tempi di consegna, modalità di garanzia proposte, eventuali servizi aggiuntivi dati dal fornitore. Insomma la tematica è vasta
Lo immagino, un lavoro per nulla semplice in cui si risponde in prima persona.
Purtroppo Dott. Scandellari le cose non vanno proprio così nel mercato B2B Alimentare, che si occupa di rifornire il settore della ristorazione, più in generale, il settore Ho. Re. Ca. Da quasi un anno lavoro presso un ingrosso alimentare, ramo marketing e vendite, applicando inutilmente, dati i risultati, storytelling aziendale, content marketing, email marketing, e varie tecniche di social media marketing, nel caso in cui si siano recati in loco esito negativo hanno dato anche tecniche di upselling e crossselling. Dopo una prima analisi di mercato, attraverso cui sono emerse le preferenze dei ristoratori, abbiamo optato su un nuovo posizionamento di brand, tramite servizi nuovi e innovativi, che ci avrebbero portato ad un netto differenziamento rispetto ai competitors.
Purtroppo tutto ciò non ha sortito alcun effetto sui vari ristoratori, per i quali l’aspetto principale sta nel prezzo basso, anche se ciò va a scapito della qualità dei prodotti.
Funziona così anche con la cancelleria allora. Dove ci sono solo beni replicabili e in cui non si comprende la differenza del valore aggiunto funziona così.
Ma se questi dovessero farsi curare, andrebbe bene un qualsiasi medico, basta che costi poco? Non credo proprio. Così avviene per qualsiasi servizio a valore aggiunto. Purtroppo se vendi risme di carta il prezzo fa la differenza ;)
Questo perché nessuno (che io abbia mia “incontrato”) tra i miei colleghi (vendo risme di carta, cancelleria e tutto quello che serve in un ufficio) è in grado di spiegarti e dimostrarti perché una carta di buona qualità (ad un prezzo ragionevolmente accettabile, anche se più alto) può migliorare diversi aspetti della vita in ufficio: dall’inceppamento delle stampanti (quasi sempre dovuto alla carta, non alla stampante) all’aria che si respira (la carta rilascia polvere PM10, in misura molto minore se di buona qualità che se di qualità accettabile), passando per altri aspetti che per brevità non cito, e tutto questo si traduce in una parolina interessante per ogni livello manageriale: produttività.
Alcune leve di marketing nel b2b sono completamente diverse rispetto a quelle usate nel b2c. Il prezzo, a volte, non è così cruciale nella vendita se viene giustificato da un servizio clienti di qualità.
Ho provato ad analizzare le caratteristiche del commercio b2b attraverso l’e-commerce. Con un caso studio reale di un’azienda b2b che sta cercando di ritagliarsi la sua fetta di clienti tra i colossi.
https://www.wikilab.it/ecommerce-b2b-caratteristiche-casi-studio
Bell’articolo, complimenti.
Aggiungerei che, purtroppo, spesso chi si occupa di selezionare il giusto fornitore per l’azienda non ha le competenze per farlo, quindi la necessità di ottenere dalla direzione/proprietà la conferma di aver fatto la giusta scelta, porta molte realtà a ritrovarsi con fornitori “belli fuori ma non dentro”, consulenti e aziende che sanno abbagliare ma che poi non riescono ad essere un partner propositivo e non portano risultati tangibili al business.
Per esperienza nel settore delle consulenze web è così.
Grazie per la condivisione della sua esperienza.