“Cosa succede quando una società che predilige l’immagine alla sostanza incontra un medium in cui domina la prima?”. Inizia così il brillante articolo del giovane Zander Nethercutt. Il medium oggetto della sua analisi è Instagram, tuttavia possiamo applicare molti dei ragionamenti espressi anche agli altri Social Media.
Soprattutto nel social delle foto ritoccate, c’è l’eccessiva smania di apparire migliori di quello che si è, anche aiutati dalla tecnologia che ci permette di ritoccare facilmente le imperfezioni o di bloccare in un’istantanea il momento confezionato in modo da renderci belli, interessanti e felici. La facilità con cui possiamo dimostrare quanto siamo “cool”, oltre a non portarci nessun valore pratico, tende a deprimere o ad aumentare lo stato di inadeguatezza di chi utilizza questi strumenti in cerca di approvazione. Negli ultimi due decenni i tassi di ansia e depressione sono aumentati del 70%. Tra i giovani – i più esposti – l’incremento di questi casi è dovuto ai Social Media, che hanno amplificato, oltre ad ansia e depressione, disturbi del sonno, la non accettazione della propria immagine e l’ansia da notifica (FoMO). A dirlo è la Royal Society for Public Health in questo preoccupante studio.
“Instagram non è responsabile della nascita di un modello di comportamento superficiale; quel chiodo è stato piantato sulla bara della società dell’immagine non appena si è realizzato che era più semplice apparire che essere. Instagram è sicuramente il medium che aggiunge più carburante al fuoco di questo nuovo stile narrativo. (…) L’ossessione di apparire migliori era un candelotto di dinamite già presente nella società, Instagram è stata la scintilla alla fine della miccia”
Se apriamo qualsiasi social possiamo verificare l’entità di queste manifestazioni. La ricerca affannosa di approvazione guida le scelte contenutistiche della maggioranza di chi li utilizza.
Su Instagram le persone cercano di essere in un contesto prestigioso attraverso l’immagine che mette in evidenza il loro lato migliore. Su Facebook si mostrano i successi famigliari o professionali. Su LinkedIn si cerca di apparire manager o CEO di qualcosa, sia pure di una partita IVA da freelance. Nessuno vuole mostrare i lati grigi o le proprie mancanze.
Le opportunità di una società superficiale
Abbiamo verificato e compreso da tempo che la regola aurea di qualsiasi posizionamento passa attraverso l’essere unici, straordinari e autentici. Dove tutti mostrano la perfezione è l’imperfezione che ti rende autentico. Quando la maggioranza si mette in evidenzia attraverso la superficialità e l’inconsistenza, è attraverso la competenza e la cultura che ti rendi straordinario. Mentre la maggioranza cerca like e visualizzazioni tu ottieni fiducia e conversazioni vere. Dove gli altri soffrono nel vedere sui social il collega o l’amico “felice e vincente” tu puoi evitare di essere sempre connesso e attivare le notifiche.
Oggi hai l’opportunità di renderti straordinario, credibile e affidabile facendo qualcosa controcorrente: essere autentico, disponibile, competente, sincero ed etico. Incredibilmente ora puoi essere una “mucca viola” facendo ciò che venti anni fa era la normalità.
Come non approfittare di questa straordinaria occasione.
Hai ragione Riccardo. Come diceva Lucio Dalla: “dammi retta, l’impresa eccezionale è essere normali”….
citazione bellissima Leo!
Oltre a complimentarmi per l’articolo, mi permetto, in virtù della citazione dalliana di Leo, di segnalare un video che ho realizzato e pubblicato una settimana fa assieme a un collega e amico musicista, che cerca di osservare questo “umano lato debole”. Se avrete la pazienza di guardarlo fino alla fine, l’ironica preveggenza di Lucio potrebbe strapparvi un sorriso :)
https://youtu.be/yc9FW_gshGk
Quanto è vero
Ciao Riccardo,
tra i tanti tuoi pezzi, questo davvero l’ho apprezzato. Sei entrato un po’ nella mia sfera quotidiana di lavoro e non posso che concordare con te. Sono sempre più convinto che con il passare del tempo, chi riuscirà ad essere se stesso senza lasciarsi influenzare eccessivamente dalla “mass” diventerà talmente originale da avere grandi opportunità.
Soprattutto è una questione tecnica. Se sei conforme sei poco distinguibile. Le piattaforme online giocano a un gioco in cui le regole ti premiano se fai le cose giuste, non quelle che ti distinguono ;)
Aaa
Non è nemmeno più una questione di scelta tra “ESSERE o AVERE”.
Stiamo proprio cavalcando l’onda dell’APPARIRE…
Sembra proprio così :/
Io lavoro in un negozio che vende telefoni cellulari, ne vedo di tutti i colori e vi posso confermare che questo fenomeno è esteso a tutte le razze e a tutte le età, uno dei parametri più richiesti in un prodotto sono le fotocamere per selfie e le persone, sono disposte anche a fare finanziamenti costosissimi pur di avere l’ultImo modello, anche se non lo sanno usare o solo per usare i social!!! Incredibile
Questo fenomeno è abbastanza visibile sui social eh! Grazie per la tua conferma <3
Concordo con l’articolo. Aggiungerei la prospettiva del ‘pubblico’, di chi guarda quei selfie, insomma … Siamo nell’epoca della semplificazione, tutto in un’immagine. Deleghiamo a uno scatto l’idea di chi è una persona, di come se la passa…
È semplice e non impegna; e così ci basta un’immagine per giudicare. Ce l’ha insegnato la pubblicità. Chi invece ha voglia di impegnarsi a capire e a osservare?
finalmente un bel articolo che mi ha dato fiducia che esistono persone che la pensano così.
Ho provato a mettere in pratica questo approccio parlando dei miei errori in alcuni colloqui di assunzione avendo non sempre un buon feedback. Ma all’estero dove ho lavorato è più apprezzato non dare sempre una immagine perfetta di se stessi.
VVorrei in qualche modo inserire nel mio profilo LinkedIn le mie debolezze o errori commessi.
Che ne pensate ?
Secondo me, con il giusto equilibrio, può essere un buon modo per far conoscere “la persona dietro il professionista”. Esiste anche una sorta di filosofia, il learning by failing, che si basa proprio sugli errori commessi per trovare nuove soluzioni e sperimentare pratiche.
Forse è un po’ difficile raccontarlo su LinkedIn ma un tentativo lo farei!
Un articolo molto interessante. Mi occupo da un po’ di anni di Influencers (prima YouTube, poi Instagram) e quello che ho sempre notato e monitorato scrupolosamente sin dall’inizio è questa corsa costante e perenne nell’avere un alto numero di Followers.
Non importa ai nostri Influencers se questi profilo siano fake o se non parlano la nostra lingua, l’importante è avere tanti followers, anche se non creano interazioni. All’inizio è tutto figo, bello e sopratutto anche i nuovi utenti sono attratti anch’essi dai numeri.
Cosa sta accadendo ora? Beh, i numeri sono in forte ribasso, le storie non hanno più i numeri di una volta, le foto non “acchiappano” più like. Oramai anche gli utenti hanno capito il trucchetto e un profilo di una bella ragazza o di un bel ragazzo non ha nulla di differente da altri 1000, 10000 che ci sono online.
Il difficile ora, è fare la differenza, il mostrare contenuti nuovi, genuini, semplici, reali, è difficile creare un community con i proprio followers. Sì, perché spesso questa corsa nell’apparire, nel mostrarsi quello che non si è pone anche un muro con i sostenitori. La paura di essere scoperti o di mostrasi per quello che non si è, fa sì che non ci sia interazione con chi ci dovrebbe sostenere. Non si crea un legame e di conseguenza i profili Instagram diventano una sorta di rivista online, sterile, bella da vedere ma che non da nulla in più.
Ormai anche gli utenti sono stanchi, e la figura dell’Influencers si limita solo ad una questione di vanità personale. Molto spesso infatti, molti aspiranti influencers non influenzano proprio nulla, non riescono a creare conversioni, generare vendite o far nascere interessanti argomentazioni sui prodotti.
Scusa il Papiello, avrai tanto da raccontare all’argomento e un solo commento non basta =)
Grandissimo articolo <3
Bell’articolo Riccardo, perché tocca un tema di cui si parla ancora poco, troppo poco.
Oggi, anche grazie a persone come te, c’è l’opportunità di andare più a fondo, superare i tecnicismi del web (per quanto utili) e parlare un po’ di più delle persone, utilizzando lo strumento web-social per educare alla consapevolezza.
L’argomento odierno apre una questione vitale per il benessere delle persone: la capacità di distinguere il “mondo” esterno da quello interno.
Questo articolo è bellissimo: spiega esattamente come la società in un periodo nero di crisi si rifugi in una immagine falsa che cattura tantissimi followers (non persone), che dipendono dai like e e dai commenti più o meno forti per affermare il proprio ego, il quale maschera la propria fragilità e annulla la visione reale della persona così come è, e da lì nascono fragilità, depressione e mancanza di autostima e la non accettazione di sé stessi. Io personalmente preferisco la vita reale, nella sua normalità, perché ammetto di soffrire un po’ quando mi connetto sui social. Pur essendo un vanitoso e desideroso di complimenti, ho deciso di farne a meno. Grazie ancora per il bell’articolo!
Grazie a te Gianluca!
Davvero un bell’articolo!
Ho scoperto per caso questo blog ed è subito stato aggiunto ai preferiti, sia perché mi piace cosa e come scrivi, Riccardo, sia perché ogni post produce commenti ed interventi interessanti, scritti da persone intelligenti.
Utilizzando i social per promuovere la mia attività, faccio sinceramente molta fatica a trovare il giusto tono. Ho sempre il timore, pubblicando e raccontando qualche lavoro, di sembrare un ostentatore. Trovare il giusto equilibro tra i contenuti (e l’interesse che dovrebbero generare di per sé) e il racconto di ciò che faccio è un conflitto molto difficile da risolvere.