Qualche mese fa, a un evento, incontro un noto fashion blogger che mi svela il magico mondo di Instagram (ma non solo), di tutte le macchinazioni che ci stanno dietro, i numeri alti di engagement e il largo seguito che alcuni noti personaggi della piattaforma (tra cui lui stesso) riescono ad ottenere anche pagando. Ne scrivo oggi perché ho ritrovato molte delle tecniche descritte, con dovizia di particolari, in questo J’Accuse di Sara Melotti.
Non è una novità, anzi diciamo che ormai è chiaro a tutti che per diventare una “star dei social” bisogna avere competenze tecniche, doti comunicative e DENARO. Sì, perché da qualche tempo essere un “influencer” significa guadagnare e dove c’è un guadagno ci sono imprenditori che investono (gli influencer stessi) per migliorare il loro servizio e renderlo appetibile al mercato.
Come dice Sara:
“Quando l’algoritmo è entrato in gioco tutti sono andati fuori di testa. Le persone non vedevano più i nostri post, i numeri calavano velocemente e alcuni di noi, in preda al panico, hanno iniziato a cercare soluzioni ‘creative’ per ingannare questo algoritmo malvagio e mantenersi visibili”
Quando facciamo business con il business di Mark Zuckerberg, il banco vince sempre. Dobbiamo meritare ogni singolo like, view o follower che sia, entrando nelle grazie dell’algoritmo, un risultato precario e per nulla certo. Per ottenere un esito stabile che soddisfi sia il pubblico che l’inserzionista bisogna mettere mano al portafoglio. Anche per costruire il seguito è altrettanto necessario investire.
Due tecniche per ottenere visibilità, una truffaldina e una lecita
Ci sono due modalità per ottenere risultati.
La prima è fare riferimento ad aziende che, ai limiti della legalità, hanno costruito schiere di account fasulli (Bot) e che sono disposte a metterli a vostra disposizione per costruivi seguito e interazioni. In questo caso potete vantare, nel giro di poche settimane, decine di migliaia di seguaci virtuali che non fanno nulla se non incrementare il numero del seguito. Numero che le aziende più sprovvedute ritengono fondamentale. Per ogni post dovete pagare qualche decina di euro per ottenere like e commenti in linea con la quantità di seguito costruito. Dall’esterno, tutto appare naturale e spontaneo. Questa si chiama truffa; ottenere seguito e interazioni finte significa raggirare le aziende disposte a pagare che non sanno verificare l’effettiva natura di chi ha interagito con l’account.
C’è una zona grigia, dal punto di vista etico, nell’utilizzo dei Bot. Questi possono essere addestrati a compiere azioni ordinarie come seguire account e fare like ad un determinato pubblico. Spesso chi riceve le attenzioni dei Bot non è consapevole che queste azioni siano state generate in automatico da software e consentono a chi le intraprende di acquisire un seguito. Questa pratica è molto lenta rispetto a quella precedente.
La seconda modalità, lecita, consiste nel pagare direttamente le piattaforme per migliorare i numeri del seguito e la visibilità dei post. Tutti i Social Network più utilizzati consentono di rendersi noti ampliando a pagamento la visibilità. Conosco noti influencer che investono migliaia di euro al mese per ottenere un alto numero di interazioni e infoltire i propri fan. Vedo che questa pratica è utilizzata con profitto dalla maggioranza del blogger, anche solo per semplice auto promozione. Come per le aziende la visibilità si paga!
L’originalità non batte l’algoritmo
Se leggete i blog post di chi parla di content marketing trovate le romantiche indicazioni che per fare strada su Instagram (ma questo vale anche per gli altri social) dovete pubblicare contenuti originali, di qualità e molto curati, ma come afferma Sara nel post: “…dimenticate quella merda! Nessuno si preoccupa più di essere originale! L’originalità non batte l’algoritmo (…) Stiamo andando tutti negli stessi luoghi, cercando di ottenere le stesse inquadrature perché sappiamo che questo ci porterà più like”. L’algoritmo non premia la qualità, ma è soggetto al gusto ordinario dell’utenza che non sa distinguere tra foto originali e ordinarie.
È lunga la strada per diventare influencer. Ora, nel 2017, significa investire tanto tempo, tanto denaro e individuare i gusti (spesso dozzinali) degli utenti. Un investimento che potrebbe portarvi a ottimi contratti promozionali con aziende di tutti i settori: food, fashion, automotive, elettronica di consumo e travel. Sono queste le aziende più affamate di influencer, disposte a pagare per un singolo post dai 300 ai 3.000 euro; per le vere celebrity i numeri salgono di molto.
Un consiglio per le aziende
Se sei un marketing manager di una grande azienda puoi intraprendere una strada diversa. Non valutare solo i numeri di seguito e engagement, che sono facilmente manipolabili, ma dedicati ai valori e all’autorevolezza del soggetto e alla qualità media del contenuto divulgato. Perché, visto che poi l’influencer paga per la visibilità del post che gli commissioni, almeno acquisterai un prodotto di qualità che farà riferimento ad una persona autorevole e stimata. Questo contenuto potrà essere promosso direttamente dalla tua azienda, risparmiando la pantomima dei Bot like o di una profilazione volta solo ad ottenere engagement da mostrare nei rendiconti.
Per chi volesse invece tentare la strada della “Star dei social”, ora è chiaro che dovrà investire molto sui propri profili, in tutti i sensi, sia in termini di impegno che di denaro. In bocca al lupo!