Farsi notare in un elenco di articoli o di interminabili post sui Social Network è un’impresa sempre più complessa. Per riuscire ad avere qualche possibilità in più di attrarre l’attenzione, dovremo ragionare come ragionano le singole persone impegnate nella ricerca. L’ho chiamata volutamente “ricerca”, perché di questo si tratta. Anche se differisce da quella sui motori di ricerca per la proattività di base è, a tutti gli effetti, una ricerca di contenuti interessanti per se stessi svolta sui Social Network.
Esplorare una timeline o una newsfeed coinvolge la “ricerca visiva”, attività che tende a focalizzare tutti gli elementi che rappresentino la facilità di lettura o un rimando a qualcosa di conosciuto. L’immagine di un cucciolo, ad esempio, è una delle cose che facilitano entrambi fattori. Non vi è nessuna complessità nel decifrare l’immagine di un gattino e rimanda a ricordi e a elementi conosciuti.
Che le immagini catturino l’attenzione è noto fin dai tempi degli antichi egizi. Oggi, abbiamo la possibilità di mixare le immagini al testo o, addirittura, al video e alla musica per un maggiore stimolo attrattivo. Il problema, quando tutti vogliono ottenere l’attenzione, è che molti hanno capito che aggiungere elementi ad alto impatto visivo a testi serve ad ottenere una percentuale maggiore di interazioni. Facebook ha tentato di arginare questo micidiale mix e, per evitare che la newsfeed diventi un enorme susseguirsi di scritte giganti, ha imposto dei limiti penalizzando il testo di grandi dimensioni scritto direttamente nelle immagini.
Una cosa sola, semplice e comprensibile!
In questo brulicare di messaggi di stato, video e immagini, l’attenzione si cattura con la semplicità. Un messaggio confuso o troppo ricco di stimoli potrebbe innescare l’effetto contrario e rendersi invisibile. L’ambiente in cui si inserisce il vostro post è un Social network; un luogo iper stimolante e ricco di contenuti in cui, per poter emergere, si deve attivare l’interesse in ciascuna singola persona. La costruzione di questo interesse passa attraverso l’intenzione di ottenere l’attenzione di un delimitato pubblico.
L’intenzionalità comunicativa è, da sempre, oggetto di studio da parte dei pubblicitari, che associano immagini conosciute a prodotti, che devono rimanere impressi per qualche loro caratteristica. Gli espedienti, in questo genere di comunicazione, sono la chiarezza e la semplicità. Uno stimolo che sia subito comprensibile e arrivi al pubblico che si vuole attivare.
L’estetica che cattura il cervello pigro
Quando siamo sui Social Network cerchiamo distrazione e intrattenimento, non abbiamo la predisposizione mentale per impegnarci in letture complesse e tendiamo a lasciarci trasportare verso le cose che ci attirano e non ci impegnano. Daniel Kahneman ha vinto il premio Nobel per aver studiato e averci spiegato come funziona il nostro cervello e perché cerchi di utilizzare meno risorse possibili per non affaticarci. Su Facebook abbiamo un approccio rilassato e istintivo, meno propenso all’impegno intellettuale. Quando il cervello diventa intuitivo, istantaneo o emozionale mette il like al bambino, al gattino o si adagia sulle frasi grandi e semplici da comprendere.
Incanalare la pigrizia
Due sono le grandi domande che mi faccio riguardo alla distrazione generale di chi frequenta i Social Network, ovvero se si possa incanalare questa distrazione con un titolo o un’immagine ad effetto, capace di accompagnare l’utente su un sentiero di attivazione del proprio cervello e sia possibile attrarre verso contenuti complessi un pubblico di cervelli in attesa di essere attivati.
Lo stesso Leonardo da Vinci, nel 1500, scriveva che le immagini hanno il potere di “incarcerarci” e quindi di toglierci la libertà. Una libertà limitata da elementi visivi che ci rendono fruitori subalterni e spensierati in un mondo in cui l’apparenza condiziona il nostro modo di agire e di pensare.
Il cervello umano tende anche a difendersi dagli stimoli che in precedenza lo hanno imbrogliato. Quando si trova ad avere a che fare con qualcosa che in passato ha creato un disagio o lo ha incanalato verso un binario morto, se lo riconosce lo evita. Non è detto quindi che quello che funziona oggi funzioni anche domani. Chi si occupa di comunicazione e pubblicità è consapevole del bisogno di creare stimoli sempre nuovi per un pubblico che ha maturato l’istinto di protezione verso la promozione forzata.
Essere semplici (nell’estetica), comprensibili (nei concetti) e onesti (in modo da rassicurare chi sta credendo in noi), alla fine, è il consiglio che do a me stesso e a chi ha letto fino a questo punto.