Warren Buffett ha detto che “ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per rovinarla”. Una cosa che abbiamo compreso attraverso la nostra presenza digitale è che, per ottenere visibilità, dobbiamo sacrificare qualcosa della nostra integrità.
Anche gli ultimi arrivati hanno capito che una comunicazione fuori gli schemi ottiene una grande visibilità dovuta alle interazioni. Abbiamo assimilato come, tra le variabili dell’algoritmo di Facebook, il contrappeso di commenti, like e condivisioni sia fondamentale a far galleggiare il post su tutti gli altri.
Diventare la “mucca viola” è complesso e rischioso. Emergere dalla mandria di mucche marroni facendosi notare per la stravaganza dei comportamenti e delle comunicazioni rende visibili, questo è fuori di dubbio, tuttavia innesca una serie di percezioni negative in chi ci osserva. Fortunatamente l’evoluzione nei campi dell’etica e della morale contemporanea ha aiutato chi si vuole esporre con energia. Nel 1800 un medico che avesse visitato i bambini con il naso rosso e vestito da clown sarebbe stato cacciato dalla struttura; ora è abbastanza normale e questo non sminuisce la percezione della sua professionalità, anzi, al contrario la impreziosisce.
Il professionista che eccede nelle comunicazioni non convenzionali ottiene come prima cosa la disapprovazione dei colleghi, che da un lato lo vedono emergere e dall’altro additato come fosse la pecora nera della categoria. Altro che mucca viola. Agli occhi della concorrenza si diventa una sorta di zimbello degno bersaglio delle battute più pungenti. Se il cambio di registro si limitasse solo a questo non sarebbe un problema: i colleghi NON sono i clienti e della loro approvazione possiamo fare tranquillamente a meno.
Quando ci muoviamo in modo comunicativamente energico, mettendo in gioco la nostra immagine e alzando il fattore “intrattenimento” della comunicazione sui social network, lo facciamo attraverso contenuti controversi che rischiano di urtare la sensibilità delle persone. In altre parole, rischiamo di trasformaci in mucche viola dentro una cristalleria. Alla gente piace chi ha il coraggio di dire quello che pensa, sempre che non si tratti di qualcosa di contrario rispetto a quello che pensano loro.
Non esiste un limite, che valga per tutti, oltre il quale si rischia la caduta di reputazione. Ogni professione ha un pubblico che valuta in base alla percezione etica attesa. Andando troppo oltre nella comunicazione rischiamo che, anche se siamo visibili, nessuno si affidi a noi come professionisti. Se il limite per un architetto o un avvocato è molto basso ed è molto rischioso muoversi all’interno di una comunicazione eccessivamente non convenzionale, un professionista che faccia della comunicazione il suo mestiere può alzare di molto l’asticella. Chi lavora nello spettacolo non ha limiti come si vede nelle comunicazioni controverse e provocatorie di personaggi come Selvaggia Lucarelli, Martina Dell’Ombra o Frank Matano che lavorano grazie alla quantità di pubblico che riescono ad ottenere.
Spesso leggo di persone che scrivono invettive e prendono sul serio comunicazioni “eccentriche” di noti personaggi della rete. Posso capirlo quando a fare questo sono ignari utenti di Facebook, ma mi stupisco quando a scandalizzarsi sono i colleghi. Concludo dedicando proprio a loro questa frase, sempre di Warren Buffett: “Se stai giocando a poker da trenta minuti e non sai chi sia il gonzo, tu sei il gonzo”.