Chi ha una ampia visione del marketing digitale, analizzando i canali e le maggiori strategie per riuscire a vendere prodotti e servizi, non può fare a meno di notare che la strategia basata sulla promozione di post sponsorizzati o banner pubblicitari non rende quanto dovrebbe. Uno dei motivi principali è la facilità con cui l’utente comune si accoge di aver a che fare con una promozione. Dopo anni di promozioni l’utente matura gli anticorpi che gli consentono di guardare con occhi disincantati le pubblicità più o meno ammiccanti.
L’influencer marketing sposta l’attenzione dal contenuto a chi l’ha scritto
“Un marchio non è più quello che l’azienda racconta ai consumatori, ma quello che dicono i consumatori sul marchio” – Scott Cook, CEO di Intuit
Non è un segreto. La vita digitale di molte persone si è spostata sui social media. Molte persone hanno maturato la consapevolezza che oggi è facile entrare in contatto con un gran numero di persone e hanno compreso che loro stessi possono essere veicoli di informazione. Gli utenti dei maggiori social network si aspettano dalle marche che parlino CON loro piuttosto che A loro. Alcuni brand hanno compreso che, collaborando strategicamente con alcune “personalità” della rete, possono sedurre e innescare conversazioni.
Kyle Wong su Forbes racconta nell’articolo “The Explosive Growth Of Influencer Marketing And What It Means For You”:
I social media hanno cambiato radicalmente i rapporti di forza tra i consumatori e i brand, perché consentono le raccomandazioni da parte dei clienti, svolgendo un ruolo fondamentale nel maturare la decisione d’acquisto. Secondo uno studio di McKinsey, il word-of-mouth genera più del doppio delle vendite della pubblicità a pagamento, e questi clienti hanno un tasso di ritenzione superiore al 37%. (…) L’influencer marketing può essere genericamente definito come una forma di marketing che identifica e si rivolge a persone con influenza su potenziali acquirenti. In passato, i marchi si sono concentrati su blogger popolari e celebrità, ma oggi c’è una nuova ondata di “comunicatori”, che possono avere altrettanto grande impatto. (…) nel suo famoso libro “The Tipping Point” (titolo italiano: “Il punto critico”) Malcolm Gladwell chiama “mavens”: persone che hanno un ottimo bagaglio di conoscenza su uno specifico argomento
Negli Stati Uniti ora è scoppiata la “moda” per l’influencer marketing. Osservate il grafico di Google Trend. Anche in Italia è partita questa corsa. Alcuni amici, dopo anni di blogging per passione, stanno vedendo finalmente guadagnare il loro blog e il loro canale YouTube. Siamo ancora all’inizio. I prezzi delle native advertising sono in decisa crescita, la domanda è alta all’estero e i prezzi aumentano molto a causa della scarsità dell’offerta. Account Instagram e YouTube con oltre 100.000 follower non si trovano ovunque e blogger con una community ben consolidata in tutte le piattaforme sono poche centinaia in Italia. Nella maggioranza delle aziende e delle agenzie di comunicazione, non ci sono ancora figure che riescano a individuare e stabilire relazioni di digital PR con blogger e opinion leader della rete. Questo momento di incertezza rende il mercato italiano un buon posto in cui riuscire a realizzare campagne di influencer marketing a costi contenuti e con ottimi risultati.
Secondo Malcolm Gladwell “il successo di un qualunque genere di epidemia sociale dipende dal coinvolgimento di persone che dispongono di un insieme di qualità sociali estremamente particolare e raro”. Innescare la comunicazione, avvalendosi di poche decine di elementi chiave e ben consolidati, può portare la comunicazione della marca ad una diffusione e ad un riscontro ottenibile solo con un elevato dispendio economico attraverso i canali classici.
In Italia l’opera di Digital PR è generalmente demandata alle singole agenzie che individueranno i blogger più efficaci e verticali sull’argomento, che verranno contattati uno a uno e a cui verrà richiesta la disponibilità alla singola attività promozionale. Degna di menzione è la piattaforma Buzzoole che è riuscita a radunare quasi 30.000 influencer (il 70% italiani) in un marketplace a cui le aziende possono rivolgersi per distribuire contenuti e promozioni. Tra le aziende più conosciute che si avvalgono dei servizi della startup troviamo: Ford, Ceres, Ferrero e MSC.
La questione etica
Fare promozione a pagamento significa dare un’informazione influenzata dal fatto di ricevere un compenso per parlarne. Chiunque riceva un beneficio per la scrittura di un articolo, la realizzazione di un video o di un post su Instagram dovrebbe dichiararlo. Il problema è che rendendo consapevole chi ci segue che il post è promosso non si avrebbe più l’effetto voluto e chi ci segue filtrerebbe l’informazione rendendola non altrettanto efficace.
Personalmente non credo che venir pagati influenzi così tanto la nostra opinione. L’ansia primaria del blogger è soddisfare i propri lettori e rendersi autorevole. Minare la propria reputazione personale, costruita in anni di duro lavoro, per qualche centinaio di euro è un’operazione che reputo difficile e rischiosa. (a proposito di etica, segnalo un ottimo post sull’argomento scritto da Gianluca Diegoli: Benvenute, Pay Digital PR)
Credo che la sfida, per chi venisse contattato dalle aziende in ottica di post a pagamento, sarà quella di costruire contenuti che vadano a raccontare nella maniera più equilibrata possibile pregi e difetti del prodotto in maniera distaccata e sincera. In molti casi converrà dire anche un secco no!
UPDATE: alle molteplici critiche ricevute su questo post ho risposto qua: https://www.quag.com/it/