Chi vende strategie di marketing digitale offre un servizio ad un cliente in cambio di un compenso in denaro. Il cliente si aspetta, giustamente, che i soldi investiti in questa attività portino come minimo al ritorno di una cifra simile se non superiore. Se così non fosse, sarebbe una inutile perdita di tempo e di denaro.
Il ritorno dell’investimento (ROI) è, da sempre, un’attività difficile da misurare e quantificare. In alcuni casi è più semplice. Una campagna pubblicitaria su Google in cui spendo una determinata cifra con l’obiettivo di ottenere visite su una pagina di atterraggio, dove una percentuale di visitatori acquisterà un determinato prodotto è un caso in cui il ritorno o la perdita dell’investimento sono facilmente misurabili.
La cosa che convincerebbe il cliente ad acquistare una attività di promozione digitale è la certezza che per ogni 100 euro spesi il ritorno sarà come minimo di 101 euro. Se io potessi dare la certezza e, dati alla mano, riuscissi a confermare questa aspettativa costruirei la più grande agenzia di marketing al mondo. Purtroppo questa è una sicurezza che né io né la mia azienda (ma nessuna azienda del mondo), potremo mai dare.
Questo non è un problema che esiste da oggi con il digitale, esiste da sempre. Chi può misurare il ritorno di investimento di un cartello stradale, di un volantino o di uno spot radio? In qualsiasi attività promozionale si pagano il contenuto promozionale (testi, immagini, video ecc…) la qualità e la quantità di pubblico a cui farlo arrivare. Nel digitale le cose si complicano, perché alla awareness, si aggiungono come elementi chiave da considerare la componente reputazionale e la buona conversazione. Il passaparola positivo va alimentato e favorito su ciascuna piattaforma avvalendosi delle tecniche specifiche.
Da non sottovalutare il cliente e il suo prodotto, perché non tutto è vendibile. Spesso vengo contattato da clienti che hanno un prodotto “ordinario” ad un prezzo alto e questo non è il periodo storico più adatto per vendere quel genere di prodotti. Nelle famose “4P” rese famose da Kotler (prodotto, prezzo, punto vendita e promozione) un’agenzia può al massimo intervenire sulla promozione e in parte sulla posizione in cui esporlo. Il resto compete al committente, che non potrà aspettarsi una vendita straordinaria di un prodotto di cui il mercato è saturo ad un prezzo maggiore della concorrenza.