Nelle ultime due settimane ho scritto poco sul blog perché sono stato impegnato come docente in giornate di formazione; ho dialogato con ragazzi di appena 18 anni, giornalisti e promotori finanziari. Questi gruppi pur così diversi tra loro anche negli obiettivi hanno una consapevolezza che li accomuna: hanno compreso che la trasformazione digitale li ha esposti a dinamiche anche relazionali che fino a cinque anni fa non esistevano, oppure erano molto mitigate. L’economia della reputazione e dell’attenzione, profetizzata anni fa da Chris Anderson è ormai fondamentale per chiunque voglia intraprendere un percorso professionale o consolidare quello già in essere. Viviamo in un mondo in cui nessun lavoro e nessuna professione può più essere considerata certa e sicura (a parte nella PA e solo in Italia) pensando al futuro. L’unica ancora di salvezza è pensare a noi come a degli imprenditori e al nostro nome come al nostro marchio. Per sopravvivere in un mondo così competitivo come imprenditori di noi stessi, dovremo migliorare il nostro brand attraverso l’autoformazione continua e applicare pratiche di marketing che favoriscano l’avvicinamento al target che acquisterà noi e la nostra professionalità.
Tutti questi gruppi che ho incontrato avevano obiettivi e finalità molto specifiche e diversificate: chi cerca lavoro deve necessariamente avere un’altra strategia rispetto a chi cerca clienti o deve costruirsi una visibilità professionale. Questi gruppi così eterogenei hanno in comune l’esigenza di interpretare la trasformazione digitale in atto per essere più veloci nel recepire il cambiamento e adattarsi. Un nuovo modello darwiniano dell’economia a cui nessuno può più sottrarsi.
In queste ultime due settimane in giro per l’Italia, la cosa che più mi ha fatto pensare è l’incontro formativo con i ragazzi di Ostellato (un paese della provincia ferrarese), due classi che nei prossimi mesi sosterranno l’esame di maturità e inizieranno un percorso che li proietterà in un mondo completamente diverso da quello vissuto dai loro, seppur giovani, genitori. Questi ragazzi mi hanno stupito per aver seguito la mia lezione di 4 ore con occhi attenti e rimanendo lucidi per tutto il tempo. A detta degli insegnanti che accompagnavano questi 50 ragazzi, questa attenzione non era per nulla scontata, vista la giovane età e l’argomento poco applicabile nel loro futuro immediato. Questi giovani non sapevano cosa fosse Twitter, ma hanno compreso una cosa che professionisti più maturi e impegnati nelle conversazioni sociali non hanno ben acquisito: il personal branding non è un esercizio di narcisismo. Per essere veramente efficaci dovrete spostare il vostro modello comunicativo da “me” a “noi”, i contenuti che faranno del bene al vostro marchio personale sono quelli con i quali si sta aggiungendo valore al mondo e in particolare a chi vi legge. Questi sono i contenuti vincenti.