In cima alla lista dei motivi per utilizzare Google Plus c’era proprio l’authorship, un esperimento finito con la sua ripulitura, avvenuta ieri, dai risultati dei motori di ricerca. Secondo alcuni famosi giornalisti e blogger come Steve Cooper, era: “l’unica ragione perché un blogger dovrebbe utilizzare G+“. Anche se non credo che Google + sia “la prossima sul tagliere“, come afferma un articolo su Forbes pubblicato in queste ore. Rimane il fatto che con questa mossa Google ha spiazzato i un gran numero di autori e di blogger entusiasti nel vedere riconosciuta la paternità del proprio lavoro (io tra quelli).
Google plus ha la gestione dei follower come Twitter, ma più lento di Twitter. Accerchiare non significa essere ricambiati. La gente comune comprende bene Facebook e LinkedIn perché un collegamento è un legame sicuro con una persona con cui dialogheremo e che potrà leggere quello che postiamo. Non sono mancate le innovazioni, anzi, su Google + ma, quando le spiego ad un corso, noto che i più le vivono come complicazioni non opportunità. Le Community sono poco utili e non riescono ad aggregare e generare una verà comunità come accade su Facebook (non che quelle di LinkedIn facciano gridare al miracolo eh!)
Google plus cambierà ancora, diventerà sempre più un “social layer” che permetterà di unire tutti gli innumerevoli servizi di Mountain View attraverso un account unico e che è forse il vero motivo per cui G+ non sparirà. La tecnologia è ammirevole ma devono puntare alla partecipazione attiva se vogliono fare veramente centro e battere la concorrenza.

L’author rank vive!

Non vedremo più le nostre facce e i nostri nomi nei risultati di Google, ma questo non significa che l’author rank sia morto, anzi; secondo l’autorevole searchengineland.com Google ha adottato anche altri sistemi per poter individuare l’autore di un contenuto.

Google ha sostenuto che il taglio all’authorship non influirà sugli sforzi per individuare i migliori autori per ottenere una ricompensa nel posizionamento

Come affermava in questo post di Andrea Pernici su giorgiotave.it, “l’implementazione del rel=”author” e dunque l’identificazione è un aiuto concreto nella lotta allo spam”, proprio come sosteneva pochi mesi fa Matt Cuts: “Google cerca di capire l’autorità e la fiducia della persona che scrive il contenuto. Esso può servire ad identificare uno spammer da un autore con autorevolezza e credibilità”.

Come scrive, John Mueller, Webmaster Trends Analyst di Google, “non stiamo più usando il rel=”author”, lo trattiamo come qualsiasi altro markup sulle tue pagine. Lasciarlo va bene, non causerà problemi (e forse gli utenti apprezzeranno la possibilità di saperne di più su di voi attraverso il vostro profilo).”

Finisco chiedendovi di non cancellare il markup e di continuare a collegare i vostri contenuti al vostro profilo di Google, verificando che il collegamento funzioni attraverso questo strumento: http://www.google.com/webmasters/tools/richsnippets. Renderci riconoscibili a Google è ancora importante anche se non vedremo il nostro nome e la nostra faccia nei risultati.

Ringrazio Salvatore Russo per la consulenza.